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Eros, porno, arte e mass media – L’intervista ad Ayzad

Ogni tanto mi capita di essere citato in tesi di laurea che toccano il tema delle sessualità alternative, o che sono interamente dedicate all’argomento. Di solito si tratta di semplici estratti dai miei libri, ma a volte mi vengono fatte domande specifiche o intere interviste. In questi giorni per esempio sono stato contattato da Valeria, una laureanda dell’Accademia di Belle Arti di Macerata che sta preparando una tesi sull’arte e l’illustrazione erotica. Le sue domande vertevano sul rapporto fra erotismo, pornografia e mass media – temi interessanti anche per i lettori di questo sito, per cui con il suo permesso ho pensato di pubblicare l’intervista anche qui. I commenti sono sempre aperti: fatemi sapere che cosa ne pensate!

 

  • Mi sono posta la sempiterna domanda su quale sia la differenza fra arte erotica e pornografia. Questa non sta nel materiale più o meno esplicito. Courbet con L’Origine del Mondo rappresenta l’opera dall’iconografia più esplicita che ci possa essere, eppure non viene considerato pornografico. La pornografia (dice Marco Menicocci in Pornografia di Massa) non si definisce in base ai contenuti. Allora esiste la differenza fra arte erotica e pornografia, considerato comunque che vari artisti non temono di renderlo sfumato assumendo dichiaratamente la pornografia come linguaggio (Jeff Koons, Made in Heaven)? O è solo una questione di nomi importanti e ipocrisie degli intellettuali?

Premesso che è impossibile dare una risposta definitiva a una domanda su cui ci si arrovella da secoli, la mia modesta opinione è che sia necessario valutare ciascuna produzione nell’ambito del contesto storico e sociale nel quale è stata creata. La classica distinzione fra “opere focalizzate sui genitali in azione” e “opere in cui gli atti sessuali sono lasciati all’immaginazione” è infatti un po’ troppo semplicistica, ed è forse meglio concentrarsi sul concetto di ‘osceno’, nel senso letterale di ‘fuori (o dentro) alla scena’ intesa come ambito del quotidianamente visibile – un concetto che varia enormemente nel tempo.
Oggi riteniamo per esempio osceno, pornografico e criminale un trentacinquenne che palpeggi o penetri contro la sua volontà una tredicenne: per i nostri trisnonni si trattava invece di un ménage di matrimonio piuttosto comune. Di converso nell’Occidente del 2015 è normale parlare di sesso orale e anale come banali elementi di un incontro sessuale, mentre solo un paio di generazioni fa negli stessi paesi si poteva ancora finire in galera o internati per queste azioni – che del resto rimangono ancora reati a tutti gli effetti in alcuni stati degli USA.
In definitiva, ritengo che la definizione più corretta sia che tutta l’arte che concerne la sessualità è erotica, ma solo quella che mina le convenzioni è pornografica.

 

  • Diresti che l’élite sia sprezzante verso ciò che definisce pornografia e consideri “accettabile”, anzi valorosamente difendibile, ciò che definisce arte erotica, e che la massa al contrario accetti più o meno benevolmente la pornografia e disprezzi l’arte erotica, considerandola un’inutile oscenità?

Francamente ho l’impressione che questa dicotomia dagli echi marxisti non sia più applicabile nella società in cui viviamo – dove del resto la fruizione della pornografia è pacificamente endemica.

 

  • La pornografia ha permeato la cultura di massa e ciò che una volta era clandestino e vergognoso è diventato persino un discorso da casalinghe: dimostrazioni casa per casa di sex toys, articoli di riviste mainstream, romanzi rosa sciacquati in salsa erotica venduti a tutta vetrina. Sembrerebbe a prima vista che la sessualità non sia più materiale soggetto a censura, eppure tutto ciò convive colle ferocissime opposizioni alla sola ipotesi (che in effetti è tuttora un’ipotesi, almeno in Italia!) di un’educazione sessuale scolastica. In quali occasioni la sessualità è ufficiale, allegra e “rassicurante”, e in quali scattano le torce e i forconi?

Senza confondere pornografia e sessualità, è importante comprendere che i gruppi più ferocemente contrari a una cultura di sessualità positiva spesso mantengono posizioni così platealmente antistoriche e illogiche soprattutto per giustificare la propria stessa esistenza su una scena politica che li ha resi obsoleti. In altre parole, si tratta di una strumentalizzazione populistica del tutto slegata dalla realtà oggettiva, che non ha senso affrontare con argomentazioni razionali.
C’è chi semplifica la questione sostenendo che una popolazione sessualmente serena sia assai più difficile da manipolare, perché meno soggetta a nevrosi e intrinsecamente allenata a esercitare spirito critico e tolleranza delle diversità.

 

  • Ricordo la prima esposizione mediatica delle sessualità alternative che ho vissuto: quella derivata dal caso di Soter Mulè (2011). In quell’occasione è stata allestita una gogna pubblica non tanto per il singolo caso, quanto proprio per la pratica del sesso estremo (in particolare il BDSM), indicata come grande motore della tragedia. Hanno proliferato articoli di superficialissimo approfondimento sul BDSM, che sbandieravano un tono di ironico distacco e si concludevano colla conferma di pregiudizi negativi. Su Donna Moderna hanno pubblicato un articolo di Antonella Boralevi dal titolo esaustivo Fra bondage e sesso estremo, c’è ancora chi fa l’amore? Bene, la seconda ondata di esposizione mediatica, quella guidata dalla pubblicazione della serie Cinquanta Sfumature, è stata per contrasto comicamente entusiasta. Le stesse identiche riviste femminili che sbeffeggiavano il BDSM o lo condannavano come espressione di violenza sulle donne, disumanità e anestesia emotiva, tuttora lo celebrano come modo per esplorare romanticamente il sesso di coppia. Pensi che il mondo a distanza di qualche anno sia cambiato o che sia sempre lo stesso, e che in un prossimo futuro la giostra mediatica potrebbe tornare a girare in direzione ostile?

Quando si analizzano i fenomeni mediatici va ricordato che i media sono un’industria, e come tale guidati più da interessi economici che culturali. Nel mio libro I love BDSM scrivo:

La risposta va cercata nel funzionamento delle testate giornalistiche, che devono bilanciare argomenti di richiamo con un approccio meno controverso possibile, in modo da tenere buoni gli inserzionisti pubblicitari da cui dipende la loro sopravvivenza. Per non alienarsi il mitico “italiano medio” cresciuto fra senso di colpa cattolico, sessismo televisivo e ignoranza istituzionale va benissimo trattare di massacri, omicidi, guerre, madri che ammazzano infanti, insegnanti che stuprano disabili, politicanti privi di vergogna, corruzione e abusi di ogni tipo. Ma parlare bene della sessualità è un tabù assoluto. Spaventa le massaie. Fa perdere audience. Fa crollare il fatturato.

L’unica soluzione possibile resta allora trattare certi temi con sufficienza e una punta di disprezzo. Così si soddisfa la curiosità morbosa del pubblico, ma non lo si costringe a mettere in discussione le proprie certezze, per quanto sbagliate possano essere.

L’enorme successo di 50 sfumature di grigio è invece legato in gran parte a un’operazione di marketing globale che ha mobilitato collettivamente miliardi di dollari di investimento da parte dei più importanti gruppi editoriali di ciascuna nazione in cui è stata pubblicata la trilogia. Sarebbe ingenuo pensare che le testate di quegli stessi gruppi potessero darne un’immagine negativa, compromettendo l’impresa finanziaria.

 

  • A proposito di donne e BDSM: sempre nell’articolo di Antonella Boralevi, Nobuyoshi Araki veniva rappresentato come spietato maschilista per le sue fotografie di bondage e definito “purtroppo bravissimo”. Perché credi che permanga l’idea che il bondage e i giochi di dominazione siano uno stile di sopraffazione dell’uomo sulla donna, o un modo di rafforzare l’immaginario di sottomissione femminile? Non è forse abbastanza noto che il ruolo dominante e quello sottomesso possano essere ricoperti indipendentemente dal genere, e che una persona sola (uomo o donna) possa fare esperienza di entrambi i ruoli?

Non solo, ma è ampiamente dimostrato che la parte più grande del fatturato nel mercato del BDSM derivi proprio da prodotti e servizi di genere femdom (dove è la donna a dominare l’uomo). La sopraffazione fra generi avviene in effetti in ambiti ben diversi da quello dell’eros estremo, che è guidato da regole, tecniche e un’intera cultura fondati sul massimo rispetto di entrambi i partner. Chi pensa o scrive il contrario evidentemente non sa di cosa stia parlando – o cerca di fare un uso strumentale di pregiudizi ormai sempre meno diffusi.

 

  • Nella serie di Cinquanta Sfumature il BDSM viene sì accolto in una certa misura nella sessualità della coppia, ma sostanzialmente rappresenta un’espressione dei traumi del protagonista (l’unica di cui lui è tenuto a liberarsi, mentre il suo disturbante paternalismo verso la protagonista passa come simpatico vizio residuo) e la sua fuga da sentimenti ed emozioni. Il sesso estremo appare sempre come un rapporto “bloccato” coll’altro, contrapposto al sesso “tradizionale” sempre intriso o potenzialmente foriero di relazione. Perché è così difficile che alle sessualità alternative vengano associati e non contrapposti sentimenti, rapporti ed emozioni?

In parte è effetto della dicotomia di matrice religiosa per cui la sessualità viene considerata un’aberrazione della quotidianità, una parentesi completamente separata dalla vita “normale” – una visione pericolosa che si amplifica ancora di più quando entrano in gioco le sessualità insolite. Inoltre ogni narrazione emozionale distilla i concetti e li spinge all’estremo, quindi è inevitabile che l’arte – indipendentemente dalla qualità dell’opera – tenda a rappresentare la drammaticità dei disturbi parafilici anziché le parafilie vissute serenamente. È semplicemente più interessante per il pubblico, tuttavia spostandosi dal mainstream gli esempi di sessualità alternative presentate positivamente sono moltissimi.

 

  • Recentemente Playboy ha deciso di dare un’impronta più soft alle proprie pubblicazioni (niente più nudità totale), dichiarando di non poter sostenere la concorrenza dell’hardcore su internet. È questa la motivazione più plausibile?

Ho letto un’analisi di questa notizia che, da giornalista pentito qual sono, mi suona assai plausibile. Un esame dei fatturati del gruppo indicava come il brand Playboy abbia oggi un valore notevolmente più elevato rispetto ai contenuti che tradizionalmente veicola. In altre parole: l’eros patinato continua a vendere bene, ma non tanto bene quanto le magliette, i cappellini o i ristoranti col simbolo del coniglietto.
Poiché la legislazione cinese non tollera le aziende che operano nel campo della pornografia, eliminare “le donne nude” era l’unica strategia possibile per restare nel mercato più vasto e redditizio sul tavoliere globale. Anche in questo caso, quindi, si può notare come i moralismi abbiano in realtà molto meno peso di quanto appaia dai messaggi dei mass media.

 

  • Ci sono artisti che consideri ispirati e/o d’ispirazione per il BDSM? Non necessariamente quelli dalle iconografie più esplicite in tal senso, come Trevor Brown o Nobuyoshi Araki.

L’artista è colui che applica una tecnica per suscitare emozioni, e nulla scatena risposte emotive più forti degli archetipi – come quelli (Dominazione, Sottomissione, Dolore, Umiliazione, Potere, Resa…) alla base del BDSM. In quest’ottica sono allora naturalmente moltissimi gli artisti che hanno integrato l’iconografia dell’eros estremo nelle loro opere: un elenco sarebbe infinito. Certo è che alcuni sfruttano questi elementi con più costanza e con una certa grazia, una misura che li eleva dalla massa di chi cerca solamente la facile razione “di pancia”. Restando in Italia, il primo che mi viene in mente è per esempio Saturno Buttò.

 

  • Nell’illustrazione erotica il fetish ha un certo successo. Ritieni che sia per la sua cura estetica, o perché ci sono più appassionati di quanto si pensi, o per qualche altra ragione?

Di nuovo, gli archetipi hanno sicuramente il loro peso – così come credo lo abbiano le infinite possibilità di creare corpi ipersessuali tipiche del fetish rispetto alla gamma tutto sommato limitata di rappresentazioni consentite da una figura au naturel.

 

  • Il BDSM può considerarsi un discorso più mentale che fisico, oppure il distacco fra mente e corpo nella sessualità è troppo sottile per essere quantificato?

Nella mia esperienza, qualsiasi tipo di sessualità sana agisce per oltre il 90% nella mente e nell’anima anziché nella pura fisicità. Che ha indiscutibilmente la sua bella importanza, ma se prende regolarmente il sopravvento svilisce l’esperienza più bella che ci sia consentito apprezzare come homo sapiens sapiens.

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