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Tutta la verità su endorfine e subspace – Intervista con Hermes Solenzol

Quando mi chiedono cosa ci sia di divertente nel subire dolore, di solito offro un riassunto supersemplificato della cosiddetta “estasi endorfinica”, o “subspace”. Fa così: l’eccitazione sessuale innalza la soglia di sopportazione di stress e dolore. Quando l’organismo riceve stress a sufficienza rilascia molecole oppioidi che ti fanno volare via di testa. Così, in certe condizioni, alcune persone si divertono a ricevere stimoli dolorosi… che possono diventare molto piacevoli.
Questa è anche la spiegazione ripetuta spesso nei manuali e nei seminari sul kink – tuttavia è tutt’altro che completa, per non dire piuttosto imprecisa. Per fortuna ho scoperto però un articolo molto interessante su questo argomento scritto dalla miglior fonte possibile: un neuroscienziato specializzato che oltretutto pratica BDSM. Potevo forse trattenermi dall’importunarlo?

 

Prima di tutto, potresti cortesemente presentarti ai lettori?

Hermes Solenzol

Hermes Solenzol

Mi definirei un neuroscienziato kinky e un intellettuale dai vasti interessi. Sono un cosmopolita nato a Roma da genitori spagnoli. Sono cresciuto in Spagna sotto le cure dell’Opus Dei, un’organizzazione cattolica ultraconservatrice. A 15 anni ho avuto una crisi religiosa che mi ha fatto abbandonare il cattolicesimo e intraprendere una ricerca spirituale. Durante la leva obbligatoria sono scampato per un pelo al dovermi ribellare al colpo di stato del 1981. Finito il liceo mi sono trasferito prima a Parigi e poi negli Stati Uniti, dove ho fatto un postdottorato all’Istituto Sanitario Nazionale. Il sadomasochismo mi interessava da molto, e nella città di Washington ho scovato un’organizzazione BDSM chiamata prima People Exchanging Power e oggi Black Rose. È lì che ho conosciuto mia moglie, con cui vivo in California da oltre 30 anni e dove siamo membri di Threshold, l’associazione kinky locale sin da quando ci siamo trasferiti.
Per chi fosse interessato alle mie credenziali scientifiche ci sono la mia biografia e un elenco di pubblicazioni.

 

Il tuo particolare percorso ti pone in una posizione ideale per esaminare in dettaglio alcune questioni che gli appassionati di eros insolito trattano spesso ma solo in termini empirici. Tipo le endorfine, che vien fuori siano un argomento ben più complicato della solita frasetta «e poi si scatenano le endorfine» nota ai più. A proposito: la scienza cosa sa di preciso su queste molecole?

Sulle molecole e i loro ricettori la scienza ne sa parecchio perché negli Stati Uniti la ricerca sulla dipendenza da oppioidi è stata generosamente finanzata dal National Institute of Drug Abuse.
Endorfina è un termine ombrello che copre un gruppo di quasi 40 peptidi più correttamente noti come oppioidi endogeni. Appartengono a quattro famiglie – encefaline, dinorfine, endorfine e nocicettina/orfanina – codificate da quattro geni differenti ed elaborate in varie combinazioni da quattro diversi ricettori.
Gran parte dei miei studi sono stati dedicati a studiare il rilascio di endorfine nel midollo spinale dei topi – ho scoperto un nuovo metodo per misurarle. Un altro neuroscienziato spagnolo, Jon Kar Zubieta, ha trovato un modo sofisticato per misurare il rilascio di endorfine negli esseri umani coscienti. Si inietta un oppioide contenente isotopi che possono essere tracciati dalla tomografia a emissione di positroni quando si uniscono ai loro ricettori. Ciò consente di vedere in che modo le endorfine fanno cose differenti nelle varie aree cerebrali. Non è che ci sia una “zuppa di endorfine” in tutto il cervello, bensì rilasci molto localizzati.
Le endorfine vengono rilasciate anche nel sangue, ma non superano la barriera sangue-cervello, pertanto misurarle con dei prelievi – che è il modo con cui si è sostenuto di rilevare lo sballo da endorfine – in realtà non dice nulla su cosa stia avvenendo nel cervello.

 

Nello specifico, ti ho scoperto tramite i tuoi articoli sulla scienza del subspace – e pur essendo un discreto esperto mi ha colpito la tua osservazione su come non ci sia un solo ‘subspace’, ma tre. Mi spieghi meglio?

Volevo studiare I percorsi neuronali che collegano il cervello col midollo spinale e attivano il rilascio di endorfine quando sentiamo dolore. La loro origine è in un’area del tronco encefalico chiamata nucleo del rafe magno (NRM). Tuttavia da lì parte anche un altro percorso neuronale di inibizione del dolore, che però utilizza come neurotrasmettitore la noradrenalina anziché le endorfine. Tale percorso ha origine in tre regioni che si chiamano nucleo ceruleo, A5 e A7. La cosa strana che ho riscontrato è che la noradrenalina blocca il rilascio di endorfine nel midollo spinale. Esaminando la letteratura ho appreso che i collegamenti fra il NRM e i tre nuclei noradrenogenici si inibiscono a vicenda. Ciò indica che ci siano due stati analgesici mutualmente esclusivi: uno attivato dalle endorfine e uno dalla noradrenalina, connessi a stati mentali differenti. Il rilascio di noradrenalina avviene in situazioni di pericolo, ed è accompagnato da attività e iperattenzione. Il rilascio di endorfine invece avviene durante i comportamenti di paralisi e altre condizioni in cui diventiamo immobili e sonnolenti. Ho pensato che tutto ciò avesse a che fare col subspace e l’ho scritto su Fetlife, il social network BDSM. Lì una donna che si fa chiamare Glass Hummingbird mi ha risposto sostenendo di sapere indurre a piacere questi due diversi subspace, e di avere modo di dimostrarlo. Trattandosi di una infermiera utilizzava la misurazione del ritmo cardiaco tramite un pulsossimetro; le endorfine lo abbassano, mentre l’adrenalina lo alza.
Ero scettico, ma lei si è offerta di venire a Los Angeles a mostrarmelo. Così ci siamo infilati in una stanza di motel con i nostri aggeggi BDSM e un pulsossimetro, e abbiamo cominciato a giocare. Quando la colpivo con un paddle o un cane i suoi battiti andavano su e poi giù, pertanto andava in subspace noradrenogenico seguito da uno endorfinico, e proprio come aveva detto sapeva indurre entrambi a volontà, senza bisogno di stimoli esterni. Figurati che mi ha fatto vedere di poter superare i 110 battiti al minuto in questo modo.
Poi è venuto il mio turno. Lei non sapeva fare impact play, così ha messo su della musica e mi ha inserito degli aghi mentre tenevo il pulsossimetro sul dito. Gli aghi in principio fanno male, ma poi sono scivolato in un subspace profondo in cui la musica è diventata estremamente piacevole, proprio come quando ti fai una canna. Mi ha riferito che i valori sul misuratore schizzavano su e giù molto rapidamente, per cui non ha saputo dire in che tipo di subspace mi trovassi – potrei avere fluttuato fra uno e l’altro.
Uleriori letture e ragionamenti mi hanno portato a ipotizzare che ci possa essere un terzo tipo di subspace caratterizzato dal rilascio di serotonina, ma non sono riuscito a completare tutta la parte sperimentale come con gli altri due.

 

Grazie per il chiarimento e per aver condiviso una storia tanto personale. Mi sa che l’ovvia prossima domanda sia chiederti se puoi suggerire qualche modo specifico per stimolare ciascun tipo di reazione di subspace.

Su Fetlife c’è altra gente che sta facendo esperimenti con i pulsossimetri. Pare che all’inizio di una sessione la prima cosa che si attiva sia lo stato noradrenogenico. Nelle condizioni ideali quello endorfinico arriva dopo pochi minuti e può durare ore.
Penso che a condurre al subspace noradrenogenico sia il coinvolgimento del bottom, che può essere divertente e salutare. Urlare, dibattersi, pestare i piedi, insultare… sono tutti comportamenti tipici delle reazioni istintive di lotta/fuga che pertanto prolungano il subspace noradrenogenico.
Per facilitare il subspace da endorfine, la prima cosa da fare è creare un ambiente di fiducia che permetta al bottom di lasciarsi andare. Un po’ di deprivazione sensoriale, tipo una benda, potrebbe aiutare: in questo modo la persona può concentrarsi sul dolore e le altre sensazioni. Aiuta anche sdraiarsi o farsi sostenere da un bondage (tipo la croce di S. Andrea) che consenta di rilassare i muscoli. Il top dovrebbe parlare chiaramente e lentamente, in un tono basso che può avere un effetto ipnotico. Il bottom deve avere la possibilità di produrre suoni, ma non di parlare: l’idea è di perdersi nelle sensazioni del corpo, non di rivolgersi all’ambiente esterno.

Una complessa molecola di beta-endorfina

Una complessa molecola di beta-endorfina

Hai scritto anche che comprendere la neurochimica del subspace ti ha permesso di comprendere meglio il fenomeno del sub-drop, in cui alcune persone provano disagio a scoppio ritardato dopo un’esperienza altrimenti piacevole. Me ne puoi parlare un po’ – e magari dirmi anche come prevenirlo o gestirlo?

Basandomi su quel che ho sentito, e un po’ sull’esperienza personale, penso che ci siano due tipi di drop.
Il primo avviene subito dopo la sessione. Sembra essere la conseguenza naturale dello sballo raggiunto poco prima – ciò che sale deve anche tornare giù. Dopo un periodo di stress quali il dolore e l’ansia durante la sessione, il corpo attiva il sistema parasimpatico, che è un ramo del sistema nervoso autonomo che serve a riequilibrare l’organismo. Il ritmo cardiaco rallenta, il sangue si ritrae dalle periferie per irrorare gl iorgani interni, e ciò fa sentire freddo soprattutto alle mani e ai piedi. Si può avere sete o fame. Emotivamente ci può essere il bisogno di connessione, contatto fisico e supporto emotivo; tuttavia chi è più introverso e non ha molta intimità col top potrebbe preferire non essere toccato e rimanere solo coi suoi pensieri.
Ne consegue che per gestire questo primo tipo di sub-drop il top debba offrire accudimento. Per la maggior parte delle persone ciò comporta avvolgersi in una coperta, farsi abbracciare e sentirsi dire parole di incoraggiamento, o chiacchierare. Acqua e snack possono dare una mano. L’analisi dell’accaduto può aspettare, a meno che il bottom non senta la necessità di discuterne subito. Qualcuno potrebbe non voler essere toccato o interpellato, ma solo osservato da lontano.
Il secondo tipo di sub-dropo avviene uno o due giorni dopo la sessione, e quindi è molto più difficile da gestire. È una sensazione di calo di energie e malinconia inspiegabile, che a volte sconfina nella depressione. Qui penso sia una sorta di astinenza dalle endorfine e dagli altri neurotrasmettitori rilasciati nel cervello durante la sessione. Non è che ci si possa fare molto: saperlo riconoscere e dargli un nome aiuta, perché ci si rende conto che entro un paio di giorni passerà. Si dovrebbe evitare lo stress e concentrarsi su attività ricaricanti, che cambiano da persona a persona – per me si tratta di leggere, per altri potrebbe essere una passeggiata nella natura, guardarsi un film, fare yoga o meditare.

 

Grazie per avere condiviso le tue scoperte. Prima di chiudere, ti va di indicare dove si possano trovare i tuoi lavori online?

Quest’estate pubblicherò il mio romanzo Games of Love and Kink, che è una storia romantica su una giovane coppia che scopre il BDSM. È ambientato nella spagna dei tardi anni Settanta, durante i grandi cambiamenti sociali della transizione dalla dittatura alla democrazia. I personaggi sperimentano anche relazioni aperte e giochi kinky di gruppo. Si tratta della versione inglese del primo dei miei cinque romanzi in spagnolo, sui quali si trovano più informazioni qui.
Il mio sito Sex, Science & Spirit contiene un blog con un sacco di articoli non solo sul BDSM, ma anche su sesso, scienza, filosofia, politica e altro. Inoltre scrivo molto su Medium e Fetlife.

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