Questo articolo è stato pubblicato originariamente da Vanity Fair.
È il termine che definisce chi punta a un erotismo creativo, non convenzionale. Ne abbiamo parlato con Ayzad, scrittore, sex blogger, esperto di sessualità alternative e autore di un vero e proprio «Manifesto degli esploratori sessuali», in cui ha raccolto una serie di principi semplici e ben collaudati per un approccio positivo alla sessualità
di Alice Politi
C’era bisogno di stilare un Manifesto degli Esploratori Sessuali? Assolutamente sì, a detta di Ayzad, scrittore, esperto e divulgatore di sessualità alternative, autore del manuale BDSM – Guida per esploratori dell’erotismo estremo, nonché premiato sex blogger che sul proprio sito raccoglie e condivide curiosità e scoperte sugli aspetti meno noti del sesso. La sua idea di mettere in chiaro alcuni principi semplici sul modo di vivere l’erotismo nasce dalla volontà di favorire la diffusione di un approccio positivo alla sessualità.
Qualcosa che, se applicato nel modo giusto, può portare beneficio alle persone, alle coppie, alla società in generale. Ma chi è l’esploratore sessuale, cosa fa esattamente e quanto ha in comune con ciascuno di noi? Abbiamo approfondito la questione con l’esperto.
Cosa significa e quali sono gli elementi che fanno di una persona un «esploratore sessuale»?
«Gli esploratori sessuali sono tutte quelle persone che decidono di non limitarsi alla visione normativa del sesso e si avventurano nei vasti territori dell’eros creativo. Mettono quindi da parte il modello della “Famiglia del Mulino Bianco” (monogama, romantica, eterosessuale, pubblicamente asessuata e nel privato interessata solo ai rapporti a fine riproduttivo) e si divertono a prendere in considerazione anche altre forme di piacere o di relazione. Non pensare però a chissà quali perversioni: si può essere esploratori anche semplicemente tenendo la mente aperta, o riscoprendo che farsi le coccole certe volte può essere più trasgressivo di usare fruste e manette».
Da dove è nata l’idea (o l’esigenza) di stilare un “Manifesto” ?
«È bastato guardarsi attorno per constatare che molta infelicità e molti problemi sociali anche gravi – pensa per esempio al #metoo e alla violenza di genere – hanno origine da un rapporto difficile con la sessualità. Facciamo tutti parte di una cultura che la vive più come un fardello da gestire anziché come fonte di gioia e piacere, semplicemente perché sono pochissime le occasioni in cui se ne parla in serenità, senza ipocrisie o morbosità insensate.
Il Manifesto degli esploratori sessuali raccoglie una serie di principi semplici e ben collaudati che definiscono invece un approccio positivo all’argomento. Seguendolo è più facile non solo discutere di questa importante dimensione umana, ma anche rispettare e volere più bene sia a noi stessi che a chi ci è vicino – con gran benefici pure per la società in generale».
In questo senso, ritieni che gli Italiani siano un popolo di “esploratori”?
«Piano piano stanno scoprendo di esserlo, soprattutto grazie alla facilità con cui ormai ci si può informare su una visione più sfaccettata della sessualità. Il problema è che spesso siamo un po’ approssimativi: leggiamo poco, preferiamo seguire chi strilla più forte anziché fermarci a pensare, e molti pensano ancora che la pornografia non sia fiction, ma il manuale delle istruzioni.
Tanti si lamentano della propria vita sessuale però non fanno nulla per migliorarla, anche se basterebbe davvero poco. Spesso l’obiezione è che «il sesso deve essere naturale e istintivo», senza pensare che lo sono anche tante altre cose come cantare o ballare… però senza un po’ di studio si rimediano figuracce in quantità!».
Si può dire che l’esplorazione sia un’attitudine più maschile o più femminile?
«Quando si parla di affettività e piacere le donne di solito sono più esigenti, e sono le prime a impegnarsi per trovare più soddisfazione. Molti maschi hanno un immaginario da ragazzino rapper e tendono a inseguire ancora stereotipi da anni ’80 fatti di addominali scolpiti e portafogli gonfio… senza rendersi conto di quanto sarebbe migliore la loro vita se puntassero un po’ più alla sapiosessualità (l’attrazione per le persone intelligenti, ndr)».
Cosa significa che la sessualità è “fluida”?
«Spesso ci autoconvinciamo di avere gusti erotici scolpiti nella pietra: «mi piacciono le bionde!» o «mi eccito solo col sesso orale», per esempio. Basta però ripensare lucidamente alla propria vita per accorgersi che non è affatto così, e che le preferenze si evolvono cambiando nel tempo insieme alle nostre esigenze, conoscenze o alle circostanze.
La realtà è che l’alchimia della passione è in continuo mutamento, tanto che rimanere incastrati in copioni sessuali immutabili è considerato da molti terapeuti addirittura il sintomo di qualche problema relazionale. Una persona serena (mi azzarderei a dire addirittura “sana”) è invece aperta a nuove esperienze, a mettersi in discussione anche su questo piano e a riconoscere e soddisfare ciò che più la rende felice».
Perché il linguaggio che usiamo nella sessualità è spesso inappropriato? Qualche esempio?
«Ci sono due problemi principali. Il primo è l’imbarazzo ingiustificato nei confronti del sesso, che dopotutto fa parte della vita di ciascuno di noi. Crescere in un ambiente che usa termini assurdi per parlarne – tipo ‘pisellino’ e ‘farfallina’ – o addirittura insultanti («sei uno sporcaccione che fa le porcherie») contribuisce ad alimentare la diffidenza nei confronti di un’attività naturale. Lo stesso vale però per chi si ostina a usare idiomi “da attivista” che non tutti sono tenuti a conoscere, tipo ‘kink’, ‘intersezionalità’, ‘SSC’ e così via.
La seconda questione riguarda invece il sessismo implicito in tante lingue, come l’italiano in cui per fare un discorso generico si usa la forma maschile. Sembra una sciocchezza, ma a furia di ripeterla mille volte giorno dopo giorno si finisce col creare un atteggiamento mentale in cui un genere vale meno dell’altro. Ciò viene rafforzato anche da tante frasi fatte: una persona in gamba “ha le palle”; una cosa frivola è “da froci”, e chi ha un timore “fa la femminuccia”. A volte vengono proposte soluzioni impraticabili, tipo usare asterischi e nuovi vocaboli, ma già rendersi conto del problema fa molto per ridurre le discriminazioni».
Ci sono elementi che si trascurano e che invece possono rivelare che la propria sessualità è “irrisolta”?
«Innanzitutto è importante ricordare che l’eros è davvero un rompicapo, ma non bisogna viverlo come un’angoscia da sviscerare a tutti i costi: giocarci con benevolenza è più che sufficiente. La regola di base è essere sinceri con se stessi e chiedersi se si sia davvero soddisfatti di come stiamo vivendo il sesso. Poi – importantissimo! – chiederlo anche al partner e parlare serenamente insieme di cosa ci piace, cosa meno e cosa si vorrebbe magari cambiare o esplorare. L’esperienza insegna che, se ci sono problemi, di solito dipendono da una mancanza di comunicazione.
Un buon trucco per riconoscere i punti critici è fare attenzione a cosa ci dà più fastidio negli altri e nel loro modo di vivere la sessualità: probabilmente il motivo per cui ci turba è che sta scatenando dubbi e conflitti dentro di noi».
Studi le abitudini e i comportamenti sessuali da anni: li vedi cambiati nel tempo? E in che modo?
«Il bello di questo campo di studi è proprio come sia sempre in evoluzione. Negli ultimi secoli il mondo ha vissuto una rivoluzione sessuale importante più o meno ogni sessant’anni. L’ultima è stata indubbiamente la diffusione di Internet, che ha reso enormemente più facile conoscere altri modi di intendere la sessualità, confrontarsi e trovare partner in sintonia. Tutto questo ha però anche accelerato molto i cicli di cambiamento, rendendoli più frequenti ma anche più localizzati: oggi ci sono infinite nicchie e sottoculture erotiche che spesso si ignorano l’un l’altra.
Qualche tempo fa ho tracciato le tendenze emergenti in una puntata del mio podcast e il risultato ha assomigliato a una giostra che corre sempre più veloce. Forse la novità più importante allora è proprio l’importanza di imparare a navigare la marea caotica di informazioni che ci circonda».
Che genere di erotismo è, a tuo avviso, quello contemporaneo?
«Negli ultimissimi tempi è, purtroppo come tante altre cose nell’era del COVID, un po’ triste e spaventato. Il distanziamento sociale ha rafforzato il ruolo delle fantasie, ma per far bene l’amore bisogna essere più sereni di quanto lo sia una società terrorizzata come la nostra. Come in un remake delle Cento giornate di Sodoma, pochi irresponsabili si stanno abbandonando a piaceri disperati e discutibili mentre il grosso della popolazione ha ben altro cui pensare.
Trovo significativo e inquietante, per esempio, osservare nella pornografia la crescita di feticismi autolesionistici come quello per la castità o il gooning, cioè porno che insulta chi ne fruisce proprio perché sta facendo uso di porno.
La storia ci ha insegnato però che alla fine l’amore torna sempre a trionfare – e se non lui, di sicuro il sesso. Verranno tempi migliori».
Di recente sei stato premiato come uno dei migliori Sex Blogger del mondo. Quali elementi hanno fatto la differenza rispetto a tantissimi altri blogger che trattano questi temi?
«La differenza principale da tanti altri blogger di settore è che non sono molto interessato a recensire sex toy o pubblicare foto scollacciate – cose bellissime, per carità, ma anche limitanti. Su ayzad.com il sesso insolito è invece il punto di partenza per scoprire lati poco noti della società, e da lì capire un po’ meglio anche noi stessi.
O forse è merito del mio Museo dei momenti inesplicabili nella storia della sessualità, chi lo sa…».