Problemi col sesso insolito?

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Il grande pornoscandalo inglese (non quello: l’altro)

Martedì scorso i media di tutto il mondo hanno avuto il loro bel da fare a commentare una sconvolgente notizia giunta dal Regno Unito: tutto d’un tratto il Governo ha vietato il sesso estremo. O il piacere femminile. O qualcosa del genere, ma comunque c’era sicuramente di mezzo il Grande Fratello. Nel dubbio, sono usciti un sacco di post che finivano con i soliti «Svegliaaaaaaaa!!!1!!!11!!1!».
La realtà dei fatti naturalmente è un po’ diversa. Ciò che è accaduto è effettivamente piuttosto grave dal punto di vista delle libertà personali e della censura, ma richiede una spiegazione un po’ più approfondita di un Like sparato a caso sui social network. Siete pronti a viaggiare con me nello straordinario mondo dell’ipocrisia multimediale britannica?

L’emendamento antizozzate
Per capire cosa sia successo è necessario sapere che in Gran Bretagna ogni forma di telecomunicazione è regolata da un decreto chiamato Communications Act 2003, che fra le altre cose equipara Internet ad altri media per quanto riguarda una serie di reati fra cui lo stalking e il procurato allarme online, o il furto di connessione dati. Il decreto è stato emendato a novembre con l’aggiunta delle Audiovisual Media Services Regulations 2014, che sono entrate in vigore a dicembre ed estendono l’equiparazione anche ai contenuti trasmessi online. Il senso delle nuove norme è semplice e abbastanza condivisibile: «se qualcosa è illegale o vietato ai minori sugli altri media britannici, non può essere prodotto o venduto nemmeno online». Quindi se si è inglesi non si possono più mettere in rete istruzioni su come costruire bombe, informazioni sulle tecniche di suicidio ideali, apologie di reato e piacevolezze simili – né men che meno vendere accesso a questi contenuti o a materiale video privo di certificazione BBFC.
La BBFC è la commissione nazionale di certificazione cinematografica, equivalente alle Commissioni per la revisione cinematografica italiane. Per intenderci: sono quelli che decidono se applicare il bollino di divieto ai minori ai film proiettati nei cinema. Ed è qui che scatta la trappola. Se tutti i media si equivalgono, la certificazione dei film si applica anche ai DVD e agli altri supporti digitali – tant’è vero che nei sex shop non si possono vendere per esempio Blu-Ray con scene di stupro di animali, perché raffigurano un reato che non può certo essere sancito dalla messa in commercio. Però i media online sono pari a quelli fisici, quindi le stesse regole si applicano anche ai video on demand. Risultato: ora nel Regno Unito non è più legale gestire siti che distribuiscano porno con «scene raccapriccianti o a rischio per la vita degli attori», né ovviamente produrne.

Dal punto di vista degli utenti non cambia molto perché il Web è pieno di siti stranieri tramite cui vedere anche i generi banditi. Per chi finora ha tirato a campare su questo tipo di materiale invece si tratta di un bel problema: l’unica possibilità per non rischiare la galera è infatti ritirare subito tutta la propria produzione ed emigrare in nazioni più tolleranti, ma quante camgirl o performer di nicchia possono permettersi di stravolgere così la propria vita da un giorno all’altro?
A questo punto potreste pensare che non si tratti in fondo di un grande problema. Dopotutto, che c’importa a noi di quegli spregevoli, schifosi criminali che spacciano roba così ripugnante sul Web? Che crepino pure tutti di fame sotto un ponte… o no? In effetti, no. Il punto è che le pratiche in questione sono ben diverse da quelle che state immaginando.

Censura arbitraria
La BBFC ha rilasciato un elenco piuttosto dettagliato di ciò che considera ‘contenuto inaccettabile’, interpretando in senso assai lato i criteri dichiarati nelle pubblicazioni rivolte al grande pubblico. Vediamolo insieme:

  • Dialoghi che potrebbero suscitare interesse verso rapporti violenti o indesiderati
  • Scene non consensuali anche se simulate
  • Umiliazioni o minacce a sfondo sessuale
  • Insulti anche se consensuali
  • Scene in cui i protagonisti fingano di essere minorenni
  • Scene in cui siano presenti armi realistiche
  • Penetrazioni con oggetti che potrebbero provocare danni o perdersi all’interno del corpo
  • Sesso in luoghi accessibili a passanti
  • Bondage che immobilizzi tutti e quattro gli arti
  • Bavagli che impediscano all’attore di esprimere il rifiuto al consenso
  • Pratiche BDSM che potrebbero causare danni se copiate da persone inesperte
  • Pratiche che causino dolore più che moderato, anche se simulate
  • Squirting (eiaculazione femminile) se «troppo prolungato» o sul corpo di qualcuno
  • Gagging (fellatio profonda) se costituisce l’intera scena
  • Pissing addosso a qualcuno
  • Fisting (penetrazione con la mano) oltre la terza nocca delle dita
  • Soffocamento, esplicitamente anche da facesitting (sedersi sul volto di qualcuno)
  • Trampling (calpestamento) su superfici inadatte
  • Fucking machine usate in contesti violenti
  • Clisteri, a meno che l’espulsione non sia pura e lontana da chiunque
  • Vomito in contesto sessuale

Un primo problema tecnico consiste nel fatto che la lista qui sopra sia notevolmente più ampia di ciò che viene considerato ‘atto osceno’ perseguibile dalla legge inglese, per cui un pornografo potrebbe ragionevolmente chiedersi a quale interpretazione dover dare retta. Molto più grave è però come le definizioni di molte pratiche siano assai vaghe. Per esempio: «Sì, scopami così, porco!» costituisce un insulto consensuale? Una parodia erotica del Trono di spade è illegale perché ci sono delle alabarde appoggiate a una parete della scenografia? Quanto è, di preciso, un ‘dolore moderato’? Chi decide se un plug possa provocare danni? Lo stesso che s’è inventato la storia della terza nocca, per caso?
Il punto è che gran parte dei cosiddetti contenuti inaccettabili fanno parte da secoli del repertorio base di moltissime coppie e risultano del tutto innocui. Un conto è impedirne (per lo meno formalmente) l’accesso ai bambini, ma che senso ha trasformare queste immagini in reato? Nel momento in cui i criteri appaiono così indefiniti, oltretutto, il rischio di finire incriminati per l’interpretazione personale di un giudice è troppo elevato per chi fa dell’eros un mestiere. A rendere il tutto ancora più ridicolo sono poi le preferenze sessuali degli inglesi. Come dimostrano i dati raccolti da PornHub, il Regno Unito è proprio uno dei paesi più appassionati di certe pratiche, a partire dalle severissime bacchettate caratteristiche delle vecchie scuole britanniche. Seguono sculaccioni, frustate, pipì a catinelle, fisting, facesitting… e squirting. O vi eravate già dimenticati che per i sudditi di Elisabetta l’eiaculazione maschile è ok, ma quella femminile un reato? Qualcosa vorrà pur dire, no?  

L’assurda guerra al porno
Ora che abbiamo le idee più chiare su cosa stia succedendo a Londra e dintorni, proviamo a toglierci i paraocchi (che tanto saranno probabilmente illegali pure loro) e diamo uno sguardo più ampio alla crociata inglese contro la pornografia. Sotto questo aspetto la Gran Bretagna è una nazione estremamente schizofrenica fin dai tempi della regina Vittoria, quando
davvero certe famiglie coprivano le gambe di tavoli e sedie con apposite “calze” perché non suscitassero pensieri impuri e i genitori applicavano atroci “strumenti anti-masturbazione” ai figli – eppure il Principe Reggente passava alla storia per il suo celebre piercing genitale.
Stiamo parlando della cultura che ha
istituzionalizzato il sadomasochismo nelle scuole, della nazione con più negozi e party fetish sul pianeta, dell’unico paese al mondo in cui è stato dimostrato che il Parlamento abbia protetto un circolo interno di pedofili violenti proprio mentre incarcerava chi praticava BDSM consensuale. In tempi più recenti il Regno Unito si era distinto per il terribile fiasco del filtro antiporno di Cameron, un sistema di censura preventiva della navigazione su Internet che non è stato adottato quasi da nessuno, ma in compenso offre momenti di raro umorismo quando per esempio blocca siti di cucina perché contengono ricette di ‘petti’ di pollo.

Con precedenti simili, il nuovo emendamento sembra ben poca cosa. Ma perché tanta ossessione per censurare il porno, quando chiunque sa bene che imporre divieti sia il modo migliore per suscitare l’interesse verso qualcosa? Perché demonizzare le rappresentazioni del sesso, se decine di studi dimostrano che i paesi in cui la pornografia estrema è più liberamente accessibile sono anche quelli con la minore incidenza di reati a sfondo sessuale? La tentazione di credere a un misterioso complotto per ottenere il controllo sociale è forte. Ripensando a quella cosa sullo squirting, per esempio, è difficile dare torto alla regista erotica Erika Lust quando sostiene che l’obiettivo occulto sia eliminare dall’immaginario collettivo una figura di donna indipendente e attiva anche nella sfera sessuale.
Sarebbe bello anche pensare che l’intento sia forse quello di combattere la
pessima educazione sessuale offerta dai video per adulti… ma in questo caso sarebbe semmai molto più efficace insegnare nelle scuole la differenza fra pornografia e realtà. È probabile purtroppo che la realtà sia molto più banale e triste.

Semplicemente, la sessualità fa ancora molta paura – soprattutto quando si discosta anche di poco dal puro atto riproduttivo. Parlarne o studiarla significa affrontare tanti aspetti di sé che di solito si preferisce reprimere e fingere di ignorare, altrimenti bisognerebbe mettersi troppo in discussione. Molto più facile essere ipocriti e lasciare che siano altri a occuparsi di una patata così bollente. Forse. Se mai ci saranno. Altrimenti amen: vorrà dire che il mondo continuerà a essere pieno di gente frustrata e nevrotica, ma almeno non si sarà dovuto affrontare l’imbarazzo di affrontare il più assurdo e radicato dei tabù. Nel frattempo, avanti con la censura…

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