A seconda della dieta mediatica che si segue, il poliamore va da «il futuro delle relazioni» a «il segno della fine della civiltà» o, naturalmente, «solo una moda passeggera». Dopo un decennio abbondante di questo tipo di rapporto, per me è semplicemente… molto normale, in effetti – pertanto ho messo da parte le opinioni personali e mi sono comportato da giornalista serio: ho chiesto lumi a un’autorità sull’argomento.
La candidata perfetta era Monica Preziuso, una delle organizzatrici della più grande convention italiana sul poliamore. Ecco com’è andata la nostra chiacchierata.
Ciao, Monica! Prima di parlare di poliamore e convention, ci dici qualcosa su di te e su come sei finita a occuparti di questi temi?
Ciao Ayzad! Mi piace come domanda iniziale: devi sapere che negli incontri che organizziamo sul tema parlo spesso di come ci sia finita. Penso sia l’approccio più diretto ed empatico per parlare con le persone che si affacciano al poliamore o che non hanno mai considerato questa realtà. Parlare del mio vissuto mi aiuta a far arrivare un messaggio semplice: la mia scelta relazionale e di vita passa attraverso una necessità profonda emersa negli anni, mano a mano che assumevo consapevolezza di ciò che mi rende felice nel rapporto con me stessa e con gli altri. In altre parole, ci sono finita per amore!
Ho sempre avuto fin da piccola relazioni basate su una spiccata indipendenza; in seguito, gradualmente e consensualmente, ho avuto modo di sperimentare consensualmente la sessualità al di fuori della coppia (la famosa coppia aperta) e poi, come capita a molti, mi sono innamorata di due persone contemporaneamente. A quel punto non sapevo cosa fare: non volevo scegliere o rinunciare ad una delle due persone e ho cominciato a cercare di capire cos’altro potessi fare. Incontrare la comunità poliamorosa è stato come sentirsi finalmente a casa, da lì è iniziato un percorso importante, abbiamo creato un gruppo e abbiamo fondato R.Eti., l’associazione per la promozione delle relazioni etiche non-monogame.
Nel corso degli anni ho maturato un’idea piuttosto rigida di cosa siano le relazioni poliamorose e su cosa le distingua dalla semplice promiscuità. Premesso che in questo campo non credo esistano opinioni giuste o sbagliate, ma solo diverse interpretazioni… Quale è la tua definizione di ‘poliamore’?
Esiste una definizione, una versione ormai abbastanza condivisa: per poliamore infatti si intende ‘la pratica (o la possibilità) di avere più di una relazione intima, sessuale o affettiva per volta, con il consenso esplicito di tutti i partner attuali e potenziali. Un sinonimo di poliamore è non-monogamia etica’. Questa definizione mi piace perchè è ampia, lasca: calza per me come calza per tante altre persone le cui relazioni, accordi tra partner e reti di interazioni/intimità/affetto prendono forme completamente diverse dalle mie. Nell’ambiente si dice che il poliamore sia un non-modello, e in questa direzione c’è chi parla di designer relationships.
Per me, al di là della definizione che descrive un’attitudine relazionale, la non-monogamia etica è anche un aspetto identitario e una causa trasformativa. Le parole etica e consenso sono concetti basilari, su cui rifletto da anni. Come dici tu non c’è un’interpretazione unica, ma un intento comune condivisibile penso ci possa essere. In tal senso mi sentirei poliamorosa anche se avessi un solo partner, o anche se fossi single con una vita sessuale promiscua; per me non dipende molto dalla configurazione che vivo nel tal momento, quanto dall’approccio alle relazioni e dal fatto che le persone siano più importanti delle relazioni stesse. Detto questo, reputo le mia rete di affetti un tesoro inestimabile. Sono incline a prendermi cura dei miei amori e ricevo a mia volta sostegno e presenza: nella mia quotidianità il poliamore è una “famiglia allargata”, una “tribù”. In ogni modo tanta ricchezza e complessità mi porta comunque a lasciare la porta aperta a nuove interessanti conoscenze.
Qualche anno fa durante un’intervista con Poliamore.org era venuto fuori che non esistevano ancora dati sulle dimensioni del fenomeno delle polirelazioni. Oggi si può fare qualche stima attendibile?
Non ci sono stime attendibili, purtroppo. Nell’aprile dello scorso anno è stato pubblicato uno studio sul Journal of Sex & Marital Therapy, che chiedeva alle persone intervistate se avessero sperimentato nel corso della loro vita la non-monogamia consensuale, o CNM (Consensual Nonmonogamy). Questa veniva definita come: ‘qualsiasi relazione in cui tutti i partner concordano sul fatto che ognuno possa avere relazioni romantiche e/o sessuali con altri partner’. Sono stati utilizzati due distinti campioni estratti dal censimento degli adulti single negli Stati Uniti, uno di 3.905 persone e l’altro di 4.813. Risultato: più di un intervistato su cinque (21,9% nel primo sondaggio, e 21.2% nel secondo) riferisce di aver sperimentato una qualche forma di CNM, ma a ben vedere si trattava di persone single, che dunque non avevano al momento dell’intervista relazioni “strutturate”. Ci sarebbe anche da indagare maggiormente il concetto di consensualità e le sue interpretazioni e implicazioni.
Fatto sta che il bisogno attuale di trovare modalità relazionali alternative all’ideale monogamico è evidente: non a caso il poliamore è un tema sempre più citato dai media. A tal proposito si sente spesso dire che il poliamore sia una moda… La verità è che molte persone stanno sperimentando che si possono avere rapporti intimi sessuali e/o affettivi multipli pur mantenendo una relazione di fiducia e rispetto con le persone coinvolte. Chi si approccia alla possibilità del poliamore capisce ben presto che la non-monogamia etica o consensuale non funziona per tutti. Questo studio e l’esperienza nell’attivismo mi suggeriscono che in molti abbiano quantomeno provato o stiano cercando di costruire un percorso relazionale più in contatto con i propri desideri, con tutte le difficoltà che il distaccarsi dal modello di riferimento possa comportare.
L’interesse crescente lo riscontro anche dal fatto che molti giornalisti, di testate più o meno conosciute, ci cercano per interviste o progetti di documentari; ormai quasi ogni mese ci arriva una richiesta o un contatto nuovo. Gli eventi a Roma al momento contano anche 80-100 persone. Per questi motivi nel tempo abbiamo avvertito l’esigenza di strutturare le attività, iniziate nel 2013, fondando l’associazione a fine del 2015, il che ci ha permesso di organizzare eventi residenziali come OpenCon.
OpenCon che mi sono perso per il secondo anno di fila, mannaggia! Ti va di raccontare in cosa consiste l’evento e le caratteristiche della terza edizione che si svolgerà a giugno?
Si, con grande piacere! Il gruppo di persone che si sta occupando dell’organizzazione è fantastico! Le iscrizioni sono aperte, dunque invito i tuoi lettori a dare uno sguardo al sito dedicato all’evento o alla pagina Facebook! L’OpenCon, come anche il nome suggerisce, è una open conference, ovvero gli organizzatori creano la struttura e le indicazioni introduttive mentre i partecipanti – compresi gli organizzatori stessi – portano i propri contenuti in forma individuale o a gruppi. L’edizione di quest’anno porterà le giornate da due a tre, con la prima obbligatoria per chi partecipi per la prima volta. Questa prima giornata sarà incentrata sulla tematica del consenso: si inizia con una plenaria introduttiva, poi seguono i workshop della durata di un’ora e mezza, proposti e condotti dai partecipanti. In genere si può sempre scegliere tra tre o quattro workshop che vengono svolti contemporaneamente: la partecipazione ovviamente non è obbligatoria. Ampio spazio è dedicato alla socializzazione, al confronto spontaneo e… al relax in piscina.
Altra novità dell’edizione 2018 è la location. Avremo una struttura in esclusiva per l’OpenCon, con tante tipologie di camere per cercare di accogliere al meglio le diverse tipologie di relazioni e combinazioni di relazioni. Il posto è molto bello, si trova sul lago Trasimeno, con tanto di spiaggetta privata.
Perdonami il cinismo, ma i partecipanti condividono davvero tutti questo spirito illuminato? Nessuno che confonda l’evento con un festival di scambismo?
Conosco scambisti illuminati che avrei avuto il piacere di avere alla OpenCon dello scorso anno al posto magari di qualche partecipante che si è effettivamente presentato. Siamo un’associazione che non fa eventi su invito: accogliamo un pezzettino di umanità per come ci arriva. Nei nostri eventi cerchiamo di creare uno spazio sicuro, o meglio il più sicuro possibile; in qualità di organizzatore di eventi saprai certamente a cosa mi riferisco. Cercare di creare uno spazio sicuro è uno dei focus principali dello staff; forse il più importante, tanto che lo abbiamo spiegato in un codice di condotta obbligatorio da sottoscrivere per i partecipanti. Come accennato, ampio spazio è stato dedicato alla tematica del consenso, in forma di dibattito o di workshop esperienziale. Ti dirò.. nella scorsa edizione è successo che chi si aspettava altro si è sentito giustamente fuori luogo, non interessato alla proposta, e ha lasciato l’evento. Questo avviene anche ai nostri incontri a Roma: alcuni arrivano, si rendono conto dei concetti alla base delle nostre attività come cultura del consenso, femminismo, autodeterminazione, comunicazione non violenta e ascolto non giudicante, e semplicemente non tornano più.
Torniamo allora sui contenuti più intellettuali. Fra le discussioni intavolate, quali ritieni siano state le più interessanti l’anno scorso? E quali sono stati i dibattiti più seguiti?
Ti riporto alcuni dei workshop dell’anno scorso, proprio perché mi sembra molto interessante la varietà della proposta portata dai partecipanti: “Fondamenti di poliamore”, “SE.RA.PI.S. – Sesso razionalmente più sicuro”, “Laboratorio co-creativo di massaggio”, “Animalesque – workshop esperienziale”, “Wheel of Consent”, “Parliamo di sesso”, “Gestione della gelosia”, “Laicità relazionale”, “Poliamore, femminismo e politica”, “Il Naturismo come strumento per l’accettazione profonda di sé”, “Poliamore a contatto – contact improvisation”. Sono stati due giorni molto densi e intensi. Come puoi intuire già dai titoli ci sono stati dibattiti, ma anche workshop esperienziali, che hanno interessato tante aree tematiche.
Le proposte esperienziali sono piaciute molto: ritengo che a volte vivere con il corpo una data sensazione possa essere molto importante ed andare a supportare il proprio panorama cognitivo. Ad esempio vivere delle interazioni – anche molto semplici – a più di due o lavorare sull’accettazione di sé attraverso il corpo può essere molto utile in questo tipo di percorso. e non solo. Altrettanto interessanti sono stati i dibattiti. In particolare in “L’Ombra, il segreto e la trasgressione nelle non-monogamie etiche” si è discusso di trasparenza nelle relazioni, di come questo concetto astratto vada poi declinato per ciascuno e di come gli accordi in tal senso possano variare da relazione a relazione. Il dibattito sulla gelosia poi è un evergreen che porta sempre spunti nuovi. Personalmente ho apprezzato moltissimo il cerchio di condivisione “Poliamore, femminismo e politica”. A netta prevalenza di partecipazione femminile, questo dibattito mi ha fatto pensare a quanto possa diventare ricco e creativo uno spazio in cui le donne si muovono libere di esprimere se stesse e i propri desideri.
Più in generale, i temi affrontati in eventi come questo raggiungono poi la comunità più ampia dei poliamorosi, oppure restano più circoscritti al giro dei “pensatori da convention”?
Mi sembra di percepire una certa permeabilità tra la comunità allargata e questi momenti di confronto più intenso. Ho l’impressione che ci siano dei concetti importanti di base e che le nuove idee riescano a passare, in un senso e nell’altro. Passano, formano, informano e diventano altro. D’altronde la comunità poliamorosa è molto giovane e forse questo è anche un pregio, quantomeno per l’entusiasmo e il fermento.
In Italia quali altri eventi ci sono per chi fosse interessato ad avvicinarsi o approfondire la cultura del poliamore?
In Italia ci sono incontri in tutte le regioni: in alcuni città hanno cadenza regolare, mentre in contesti più piccoli sono più sporadici. Bologna, Genova, Marche, Milano, Padova, Roma, Sardegna, Sicilia e Sud, Toscana, Torino e Udine sono realtà in cui si sono formati gruppi attivi che organizzano eventi. I gruppi Facebook di riferimento contano 3.000-3.500 iscritti ciascuno e sono: Poliamore e altre non-monogamie etiche: discussione, confronto e supporto e Policome – Gruppo di confronto e supporto sul poliamore.
A Roma con l’associazione R.Eti. organizziamo due eventi al mese: uno in una sede che ci permette di dar luogo a dibattiti a tema oppure cerchi di condivisione in cui i partecipanti portano i propri temi o vissuti da condividere. L’altro più informale, ovvero un poliaperitivo in cui gli organizzatori cercano di accogliere e chiacchierare soprattutto con le persone che vengono la prima volta, un po’ quello che nella comunità BDSM viene chiamato munch. Questa è la pagina in cui annunciamo gli eventi romani.
Come vedi il futuro per il poliamore?
Wow, bella domanda! Potrei risponderti dicendo che il poliamore è la modalità relazionale del futuro che sostituirà la monogamia, come qualcuno ha scritto, ma mi farebbe molto ridere. La verità è che non credo affatto ci sia un modello relazionale migliore di un altro, né che in questo senso ci debba essere un’evoluzione in una direzione o nell’altra. Ti rispondo invece parlando del futuro che vorrei. Per me parlare di poliamore è un’occasione per creare una nuova narrazione di un continuum in cui una modalità relazionale sfuma nell’altra. La scala Kinsey ci ha insegnato che agli estremi abbiamo gli eterosessuali e gli omosessuali, che nel mezzo ci sono i bisessuali… e nella realtà dei fatti le persone si trovano in un punto da qualche parte.
Allo stesso modo in questo spettro o mappa delle possibili relazioni abbiamo i monogami e i poliamorosi agli estremi. Nel mezzo? Tantissime possibilità: triadi chiuse, coppie aperte, scambisti, coppie che si danno il permesso di avere amanti a patto di non dirselo, libertini, coppie che cercano un partner che si leghi ad entrambi, reti intime senza relazioni strutturate, frequentazioni tra single… e nella realtà dei fatti le persone si trovano in un punto da qualche parte.
Promuovere la consapevolezza che gli individui, insieme ai propri partner, siano gli unici aventi diritto a disegnare – e ridisegnare nel tempo – i propri confini e la propria identità relazionale su questa mappa, sarebbe un bel futuro per il poliamore.