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Parliamo di relazioni allargate con Poliamore.org

Anche il sesso insolito ha le sue mode. Se il 2012 è stato per esempio l’anno del BDSM sulla scia del marketing ossessivo di Cinquanta sfumature di grigio, la mia impressione è che quest’anno punti invece in direzione del poliamore – ossia delle relazioni fra tre o più persone.
Poiché l’argomento è piuttosto complesso e assai confuso, mi è sembrato che l’approccio più logico fosse chiedere alla migliore autorità italiana sul tema: il sito Poliamore.org. E siccome il mondo ha sempre un certo senso dell’ironia, la redattrice che ha risposto alle mie domande è Giorgia Morselli – con cui facevo teatro quasi vent’anni fa e con cui, in quei tempi non sospetti, ci ritrovavamo spesso a parlare di relazioni tragicamente incasinate.

 

Cominciamo dal principio: cosa si intende di preciso con ‘poliamore’?

Il termine comprende molti modi diversi di vivere le relazioni in modo non monogamico. Concretamente può tradursi nel relazionarsi con più persone cui si è legati da affetto e coinvolgimento emotivo (anche senza componente sessuale), o semplicemente non porsi il limite a priori dell’esclusività monogamica lasciandosi la possibilità reciproca di avere altre relazioni oltre la coppia. Di conseguenza, anche formare una coppia con una persona che abbia anche altre relazioni. L’elemento comune è sempre la consensualità e la piena consapevolezza di tutte le persone coinvolte, senza sotterfugi.
L’adulterio, cioè condurre relazioni multiple di nascosto fuori dalla coppia “ufficiale” è molto diffuso e non occorreva certo un termine nuovo per dirlo. Il neologismo dà invece nome all’esperienza di chi ha scelto consapevolmente e apertamente di non porre limiti ai sentimenti, rifiutando il preconcetto per cui si debba amare “veramente” solo una persona alla volta.

E Poliamore.org che ruolo ha in tutto ciò?

Il sito è nato per condividere esperienze di questo tipo con un pubblico più ampio, come già accadeva da tempo negli Stati Uniti e in altri Paesi. Non è esibizionismo, ma il bisogno di ragionare insieme sul malessere diffuso che percepiamo in una società dove i tradizionali modelli di relazione stanno stretti a tanti, ma ancora non ci si sa rapportare a soluzioni alternative. La nostra avventura dura da poco più di un anno e ci sta portando moltissima soddisfazione, perché raccogliamo continuamente testimonianze di persone sollevate dallo scoprire di non essere uniche e soprattutto di non essere condannate a nascondere e reprimere una parte importante di sé. Si tratta di ammettere una realtà molto semplice: da che mondo è mondo, i legami sentimentali portano molta felicità ma anche molta sofferenza, e noi crediamo che si possa vivere più serenamente individuando una modalità di relazione che consenta di essere fedeli a se stessi, senza tradire gli altri.

A questo punto viene naturale chiedersi quanti siano i poliamorosi nel mondo, in Italia, e quanti facciano parte della vostra community.

Il poliamorismo in Italia è troppo giovane per dare stime statistiche attendibili. Il gruppo di discussione su Facebook su cui si svolge il grosso del dialogo oggi ha circa 630 iscritti, molti dei quali giunti dopo un servizio de Le iene su una famiglia poliamorosa del bolognese. Sul web si trovano articoli relativi al fenomeno negli USA (Newsweek nel 2009 suggeriva oltre mezzo milione di famiglie poliamorose), ma sono dati non aggiornati. Il sondaggio di riferimento, anche se limitato è stato condotto nel 2002 dal magazine Loving More su un campione di un migliaio di poliamoristi statunitensi, e indagava anche su temi quali la presenza di bambini nei nuclei famigliari.
Stiamo riscontrando molti segnali di interesse per il tema da parte di editoria, cinema e TV. Il fulcro è quasi sempre negli USA, dove Showtime ha prodotto anche il reality Polyamory: married and dating. La Francia è stato il primo paese europeo a tradurre The Ethical Slut, uno tra i principali libri di riferimento che in questi giorni esce in Spagna ed entro l’anno arriverà in edizione italiana, curata da me con la collaborazione della redazione del sito. Radio e TV ci intervistano sempre più spesso, facendoci sentire anche la grande responsabilità di fornire una rappresentazione corretta del poliamore. L’interesse si percepisce più forte però nel confronto diretto o attraverso lo scambio di esperienze personali sul gruppo Facebook, dove abbiamo contribuito a fare emergere temi e problematiche relazionali molto comuni.

Fate solo attività divulgativa, o il sito ha anche altri obiettivi? Penso per esempio ai diritti civili, o a una rete di professionisti preparati come ve ne sono all’estero.

Il nostro intento – riuscito – era di fare da ponte tra la comunità e il pubblico di massa: intercettare da un lato bisogni e istanze di chi vive il poliamore, e dall’altra proprio per questo porsi come referente istituzionale verso l’esterno. Vogliamo essere un punto di riferimento affidabile e aggiornato, anche sostenendo le attività e i progetti che sorgono spontaneamente e contribuendo a strutturarli in maniera organica. Desideriamo far conoscere le nostre esperienze e potremmo quindi definirci attivisti, ma non per fare proselitismo bensì per divulgare una realtà che esiste e in cui altri possano riconoscersi, o anche per lanciare spunti di riflessione.
Un altro obiettivo è diffondere informazioni pratiche utili a chi vive o desidera vivere relazioni poliamorose: in materia di famiglia, diritti civili, tutela legale e supporto psicologico. Gli unici limiti sono il tempo e le energie dei volontari.

Fammi fare l’avvocato del diavolo. Suppongo che il sospetto più comune sia che ‘poliamore’ sia solo un modo elegante per dire ‘trombamici’. Sbaglio, o i poliménage chiusi e stabili sono una minoranza assoluta?

Ti rispondo come forse non ti aspetteresti: sì, può essere anche questo. Il poliamore è un paradigma alternativo anche nel significato di alcuni termini. In inglese è più chiaro: ‘-amory’ che in italiano dobbiamo tradurre ‘-amore’ è tutt’altra parola rispetto a ‘love’. Il pregiudizio sociale è che un rapporto possa essere profondo, coinvolgente e importante, ma se lascia la porta aperta ad altre relazioni «non è vero amore»: al massimo un’amicizia con benefici aggiunti. Il poliamore però è soggettivo, quindi l’unico a poter definire quale sia una relazione importante è chi ne è coinvolto, con buona pace delle definizioni. La priorità è salvaguardare tutti i rapporti considerati importanti, non di eleggerne uno a sola fonte primaria di gratificazione affettiva. Si va quindi da ménage multipli che comportano la fedeltà di tutti i membri tra loro, a innumerevoli altre forme complesse. Se tutti i partner sono consenzienti e sono al corrente della situazione relazionale di ognuno, se ci sono onestà, rispetto e senso di responsabilità per i bisogni e i sentimenti propri e degli altri partner, allora è appropriato parlare di relazione poliamorosa.

Ok, allora senti questa: non è che il poliamore è un palliativo o una via di fuga dall’incapacità di costruirsi una relazione completa, stabile o normale?

Se si prende come riferimento il modello tradizionale, tutti gli altri vengono inevitabilmente svalutati come devianze. Ci si potrebbe chiedere anche se le relazioni monogamiche (reali o di facciata) siano palliativi o vie di fuga dall’incapacità di costruirsi una sana rete di relazioni multiple. Noi pensiamo che non esistano soluzioni “migliori” in assoluto. Ogni forma di relazione comporta vantaggi e svantaggi, ma crediamo sia importante riflettere in maniera critica sui modelli culturali di riferimento in modo da potere scegliere consapevolmente lo stile di vita più armonico col proprio modo di essere e con i propri bisogni reali. Il mondo sta cambiando rapidamente in tutto: non è strano che si cerchi di elaborare nuove forme anche per le relazioni.
Chi è orientato verso il poliamore in genere ritiene inadeguato il modello monogamico, talvolta per una tendenza a innamorarsi di più persone che rende privo di significato e di valore l’impegno all’esclusività, o perché non ne condivide i presupposti etici e filosofici. Un poliamorista non vuole solo intrattenere più relazioni contemporaneamente, ma offrire tanto a se stesso quanto ai propri partner la possibilità di esprimere i propri sentimenti e concretizzarli in un clima di reciproca onestà e trasparenza. In una società che da una parte giudica negativamente la non-monogamia e dall’altra la tollera purché vissuta clandestinamente ognuno deve valutare da sé i costi e i benefici emotivi e affettivi delle diverse opzioni. Certamente la pressione sociale rende pesante scegliere questa via e trovare persone affini, quindi la motivazione più forte spesso è restare fedeli alla propria natura ed etica.

Ecco, parliamo di problemi. Che difficoltà incontra di solito un poliamoroso?

Molti confidano di essere intimoriti dall’idea di non riuscire a gestire le gelosie che potrebbero nascere nei confronti dei partner. Chi sceglie il poliamore spesso ha fatto molta introspezione al riguardo, tanto che sono nate analisi molto articolate sul tema della gelosia che coinvolgono teorie psicologiche complesse. Molti autori ritengono per esempio che ‘gelosia’ non indichi un’emozione, ma un mix di comportamenti che derivano da problemi più profondi come la paura di essere inadeguati rispetto ad altri partner, di restare soli o di restare esclusi da aspetti significativi della vita dell’altro e sentirsi poco importanti. In realtà queste relazioni sviluppano il senso di condivisione, fondato sulla consapevolezza che a diversi partner si è uniti da aspetti differenti. Naturalmente c’è il problema di gestire il tempo da dedicare ai diversi partner in modo soddisfacente per tutti. Per trovare accordi armoniosi la capacità di negoziazione è fondamentale, così come la comunicazione.

Ci saranno però anche dei vantaggi…

Certo, ma sono soggettivi sia sul piano emotivo che pratico. Comunque la trasparenza su sentimenti e sessualità produce un clima di intimità e confidenza profonda che è forse il beneficio più grande.

Qualche tempo fa ho partecipato a un Poliaperitivo in cui mi ha stupito vedere anche dei polifigli piuttosto piccoli. Che effetto pensi abbia il poliamore sulla loro crescita, e come viene gestita la cosa?

Questo è un tema estremamente delicato che in redazione stiamo studiando proprio ora. C’è un unico studio scientifico sull’esperienza genitoriale di alcune famiglie statunitensi che abbiamo esaminato anche sul nostro sito. I genitori delle famiglie poli riportano una comunicazione onesta e sincera che favorisce la vicinanza emotiva e l’interiorizzazione di modelli positivi, la più ampia disponibilità di risorse e la flessibilità consentite dal fatto di condividere l’impegno alla cura e all’educazione con più persone. Tra gli svantaggi c’è il rischio di esporre i minori allo stigma sociale e la maggior frequenza con cui adulti importanti per loro si distaccano dalla relazione.
Nella nostra cerchia di conoscenze ci sono situazioni diverse: persone che vivono relazioni poli da tempo e che hanno figli grandi; persone con figli piccoli che stanno sperimentando per la prima volta legami poliamorosi; persone in relazioni poli stabili che desiderano avere figli e crescerli col supporto della loro costellazione di partner. Si discute della maniera più appropriata per comunicare con i figli, a seconda che vivano da sempre in un contesto poliamoroso o che abbiano trascorso la prima infanzia in un ambiente monogamico; di come presentare ai figli i partner che non sono i genitori biologici; di quali siano i requisiti richiesti a un partner per poter consentire il suo ingresso nel contesto familiare e quali siano le modalità più appropriate per gestire il rapporto coi figli. La nascita di una rete di persone che condividono la stessa modalità di relazione rende possibile il confronto con situazioni affini, e ha permesso di comunicare con molta più naturalezza le proprie esperienze anche nei confronti dei figli poiché concretizza un modello nel quale rispecchiarsi e riconoscersi.

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