La rosa bianca
Maurizio Salinas
Damster/Eroxé, 2014
€ 3,99
210 pagine
Lingua: italiano
ASIN: B00OYMH5ZI
@: compralo online
Se il nome di Maurizio Salinas vi dice poco è perché, come tanti di noi, è più noto con il suo nickname. Come BlueDeep scrive infatti da anni sui molti siti dedicati al BDSM, dove si distingue per essere una delle rare teste pensanti del piccolo, piccolissimo ambiente italico di bondage, fruste e dominazioni erotiche varie. Anziché limitarsi come tanti a inventarsi roboanti biografie virtuali per poi risolvere tutto nel farsi pugnette davanti ai video di YouPorn, è il tipo di persona che prima di scrivere un post studia, dopodiché cita gente come Lacan o gli studi di Moser. E non per vacuo intellettualismo, badate, bensì per lanciare spunti di ragionamento e autocritica assai concreti – che di norma purtroppo si perdono nel mare magnum di foto di gattini e selfie col Big Mac mangiato a pranzo. Quindi spegne il computer, esce e conduce club di bondage, seminari tecnici e altre piacevolezze da maiale professionista. Poi, ogni tanto, scrive libri.
La rosa bianca è la storia finta-ma-non-troppo di un personaggio che – come lui – scopre l’esistenza del BDSM negli anni ’80, esplora questa strana ars amandi, ci ragiona su e trae le proprie conclusioni giusto in tempo per assistere alla desolante invasione della progenie di Facebook. Con premesse come queste, è ovvio, la vicenda non può finire troppo bene. Prima dell’epilogo tragico (ma non troppo, anche questo) c’è tuttavia tutto il tempo di scoprire cosa passi nella testa pensante di un uomo che le Cinquanta sfumature non vuole vederle nemmeno in foto – soprattutto perché già troppo impegnato a far cose assai più concrete dei teatrini di mr. Grey. Perfino la rosa del titolo è uno sberleffo alle convenzioni del genere, siano esse gli orpelli del fetish o i romanticismi d’accatto tipici dei porno-Harmony emuli della James: il perché lo scoprirete leggendo l’ebook.
Vi avverto, però. La rosa bianca non si legge per il gusto di scoprire chissà quali misteri. Chiamarlo ‘romanzo di formazione’ forse è un po’ eccessivo, ma certo assomiglia più a questo che a un manuale di BDSM, una storia d’amore o – questo proprio no – un romanzetto porno come se ne trovano tanti fra gli autoprodotti online. Qui l’unico esibizionismo è per le intuizioni sociopsicologiche dell’autore, che invitano al confronto anche con se stessi. Le osservazioni sul narcisismo patologico imperante fra i sadomasochisti da social network sarebbero sufficienti da sole a scatenare una fatwa delle sciampiste. E questo, a seconda dei gusti, è anche l’aspetto negativo del libro. «Mancava, del tutto, il gusto stantio della posa, il sapore guasto della provocazione per la provocazione, il faticoso incedere dell’intellettuale che deve, per apparire, fingersi sempre maledetta e sopra le righe» dice per esempio un passaggio. Peccato che ogni tanto invece sia proprio questo lo spirito che traspare dalla lettura, come in una variante meno cantilenata della ridicola Isabella Santacroce di V.M. 18. Abbondano infatti i riferimenti esoterici, le citazioni “alte”, i suggerimenti di vita spericolata: magari un filo di semplicità in più non avrebbe guastato. In compenso, se non vi disturbano occasionali sparate tipo «si nascondeva agli aziendali colleghi» (manco campassimo di endecasillabi!) e pensate che sia il caso che la letteratura erotica torni a essere letteratura, un’occhiata gliela darei.