Se appena appena seguite un minimo le notizie saprete che l’otto marzo 2019 – Giornata Internazionale della Donna – fra una caramella premio e l’altra il collettivo Non una di meno ha dimostrato il suo sdegno nei confronti degli abusi patriarcali versando una latta di vernice rosa sulla statua di Indro Montanelli installata (contro la volontà di Montanelli stesso) in un parco milanese. Il gesto era riferito a diverse dichiarazioni assai discutibili fatte dal giornalista, ma soprattutto al suo avere comprato nel 1935 «per cinquecento lire, insieme a un cavallo e a un fucile» una concubina di dodici anni durante l’invasione dell’Eritrea – e di esserne sempre vantato, anche in contesti pubblici.
Da lì è iniziato il tradizionale circo a sei piste del “giornalismo” e della “politica” italiani, che si sono guardati bene dal mantenere un dignitoso silenzio e si sono anzi scatenati a discettare della questione con il solito obiettivo di cercare un po’ d’attenzione e, magari, “sconfiggere” il presunto “avversario” di turno. Già la quantità di virgolette dovrebbe dirla lunga, ma in sostanza c’è stato chi ha approfittato dell’occasione per sminuire il femminismo; chi ha lodato il colonialismo fascista; chi già che c’era ha buttato lì un po’ di sparate contro “i negri” per far campagna elettorale e chi si è arrampicato sugli specchi della prospettiva storica. E, va detto, c’è stato un po’ di delirio occasionale pure sul lato femminista. A distanza di una settimana la baruffa online continua (nell’indifferenza assoluta del mondo reale, fra l’altro) e, nel complesso, è un grande incentivo alla misantropia indiscriminata.
E poi ci sono state due persone che mi hanno chiesto – una via mail e l’altra guardandomi negli occhi – se in fondo non avesse davvero ragione lui a rivendicare comportamenti che, in quell’epoca e in quella particolare situazione, erano socialmente accettati. Si è trattato di domande serie, sinceramente curiose. Come esperto di sessualità insolite, cosa avevo da dire sull’argomento? È giusto giudicare costumi sessuali di altre culture secondo i nostri criteri?
In un caso in particolare l’argomentazione proseguiva con fior di esempi sconvolgenti, peraltro tratti dai miei stessi libri. Perché etichettiamo come ‘tradizione etnografica’ i riti maku delle tribù Sambia in Nuova Guinea in cui i bambini fanno a gara a chi ingoia più sperma, consideriamo folcloristica l’educazione sessuale dei ragazzi Mangaia della Polinesia da parte delle anziane della tribù, diamo per scontata la pederastia della Grecia antica, sorridiamo se sull’isola irlandese di Inis Beag ci si accoppiava senza togliersi le mutande… ma la moglie bambina di Montanelli – che lui chiamava «il mio animalino» – andrebbe rimossa?
Entrambe le volte sono rimasto interdetto, chiedendomi se davvero ci fosse bisogno di spiegarlo. Poiché dare risposte di pancia però non serve a nulla, ecco qui qualche appunto rigorosamente obiettivo per chiarirsi le idee.
Indipendentemente da tutto, si è trattato di un crimine
Prima di ogni altra considerazione, vale la pena di ricordare che nel periodo in questione il cosiddetto ‘madamato’ era ritenuto illegale. L’ardito Montanelli, che ovviamente lo sapeva, sarebbe quindi dovuto finire in galera da uno a cinque anni. Punto.
La logica del “buon colono” non sta in piedi
Questa è chiaramente una dimostrazione per assurdo, ma sostenere che comprarsi una bambina fosse un adeguarsi agli usi locali – quasi un esercizio di rispetto etnografico – non regge. Se rispetti una cultura non la invadi militarmente. D’altro canto, se invece racconti la storiella già aberrante di averlo fatto “per il loro bene, e diffondere una cultura superiore” ne consegue che non ti puoi abbassare al livello dei “primitivi”.
Non è una questione di colonialismo né di sessualità, ma di diritti umani
Potremmo discutere all’infinito di colonialismo, colonizzazione culturale o antropologia senza venire a capo di nulla. Potremmo ragionare sul calcolo opportunistico di vendere una persona in cambio della sopravvivenza di tante. Volendo potremmo anche tirare in ballo la sessualità in chiave storica o etnografica… ma a conti fatti quelle sono solo chiacchiere con cui intrattenere i salotti fra un pasticcino e l’altro.
L’unica considerazione valida da fare alla fine riguarda i semplici diritti umani. È giusto che una persona – di qualunque genere o età – sia trattata come merce di scambio, o che debba subordinare il proprio corpo e i propri affetti a qualcun altro, oltretutto sotto la minaccia di un esercito pronto a sterminare tutta la sua famiglia? Appunto.
Nel sesso, come in ogni altra cosa, il metro di giudizio più valido è sempre l’etica
Questo sito, ricordo, si occupa di eros estremo. Un tema proteiforme con un solo elemento costante: il concetto fondamentale di ‘sano, sicuro e consensuale’. Montanelli, pur tanto ammirevole come giornalista, era – senza mezzi termini, e poi ancora a lungo – fascista, addirittura fin troppo. E, al di là di ogni considerazione politica, la definizione stessa di ‘fascismo’ è un’organizzazione di individui fragili, che riunendosi trovano la forza per colpire come un’arma chi è rimasto vulnerabile.
Tolta ogni retorica, a me sembra proprio la stessa definizione di ‘bullismo’. Già non ho mai capito come ci si possa entusiasmare per un’ideologia con basi simili, che oltretutto la storia ha sempre visto sconfitta e ridicolizzata; di sicuro però non serve un genio per capire che con la consensualità non c’entra niente, e che i prepotenti hanno sempre torto, in qualsiasi punto del tempo e dello spazio, qualunque nome abbiano.
Se proprio bisogna semplificare ulteriormente, basta ricordarsi la regoletta aurea: «tratta gli altri come vorresti essere trattato tu».
C’era davvero bisogno di spiegarlo?