Il Giappone produce una quantità inverosimile di pornografia (54.000 video nel solo 2012), eppure di recente l’attenzione di ogni appassionato di eros estremo nella terra del Sol Levante è concentrata su un film che non è nemmeno ancora uscito. Benché tecnicamente Hana to hebi Zero (lett. ‘Il fiore e il serpente 0’) – in uscita il 17 maggio – sia solo l’ennesimo episodio di un franchise quarantennale composto da remake, disegni animati, libri e videogiochi, potrebbe trattarsi davvero di un’opera epocale. Ma sarà il caso di darvi un po’ di contesto.
Nei tardi anni Sessanta del secolo scorso l’industria cinematografica giapponese lamentava una grave crisi causata da numerosi fattori, fra cui il crescente successo dei film stranieri, ossia occidentali. Per evitare la bancarotta la maggior parte degli studi più illustri erano stati costretti a convertirsi a produzioni a basso costo di generi che potessero attrarre il pubblico popolare con temi che Hollywood si guardava bene dall’affrontare: drammoni ambientati nel Giappone feudale, comici regionali, violenza… e pornografia softcore, chiamata ‘film rosa’.
Alcune piccole case di produzione indipendente riuscivano a sopravvivere grazie a un’arma segreta: le sceneggiature del traduttore e insegnante di lingue Yukihiko Kuroiwa, che si era rivelato capace di realizzare thriller pulp pieni di sottotesti sadomasochisti. Operando sotto falso nome, Kuroiwa conduceva un secondo lavoro inventando a raffica soggetti per film (oggi perduti) in grado di catturare l’attenzione del pubblico nonostante la fitta concorrenza di infiniti altri porno. E a notare il suo talento non erano solo i produttori, ma anche una giovane stellina chiamata Naomi Tani.
Tani può essere considerata grossomodo l’equivalente giapponese di Bettie Page: estremamente bella e insolitamente disinibita, è comparsa in una manciata di film prima di ritirarsi dalle scene – e così facendo è diventata un’icona dell’erotismo a tutt’oggi considerata come la modella di bondage “perfetta”. La signora inoltre è una vera appassionata di giochini strani, così mentre muoveva i primi passi nel mondo del cinema le fu naturale subire il fascino del suo sceneggiatore preferito, con cui nacque una lunga amicizia e una collaborazione professionale. In men che non si dica i due diventarono una macchina da successi: lui scriveva storie fatte su misura per lei, e in cambio la Tani si rendeva disponibile come cavia su cui sperimentare ogni sorta di scene. Secondo un celebre aneddoto, in dodici anni di carriera come star per adulti non si lamentò una sola volta dei bruschi trattamenti che dovette subire per le cineprese; addirittura non si espose mai al sole per potere offrire ai registi la pelle più chiara possibile, su cui risaltassero al meglio i segni delle corde e delle sevizie inflittele.
Proiettata verso la celebrità, Tani veniva corteggiata da molti studi – fra cui la Nikkatsu, il più antico, grande e forse il più disperato di tutti. Le dimensioni stesse gli avevano impedito di reagire alla trasformazione del mercato, così come ultima speranza prima di dover chiudere era entrato in grande stile nell’arena dei film rosa, lanciando addirittura un genere tutto suo chiamato roman (che stava per ‘romantico’) porn. In sostanza si trattava di grandi produzioni che sfruttavano le ricche risorse tecniche a disposizione per realizzare storie più originali, complesse e belle da vedere di quanto potesse permettersi la concorrenza.
Naomi Tani era però decisissima a farsi un nome come regina del sadomaso, così aveva ripetutamente rifiutato le offerte della Nikkatsu. Comparire in film “banali” non le interessava proprio – ma poiché si trattava di uno dei volti (e dei corpi) più ammirati in circolazione lo studio alla fine cedette alla sua condizione di lavorare solo in film che trattassero di dominazione. Anzi, i dirigenti avevano dovuto accettare anche un’altra clausola: i film sarebbero stati tutti scritti dal suo buon amico Oniroku Dan, nuovo nome del signor Kuroiwa. Non era nemmeno un cattivo affare, perché nel frattempo Dan aveva firmato parecchi romanzi di discreto successo. Come primo lavoro per la Nikkatsu la coppia scelse una di queste opere: Hana to hebi.
Pubblicato nel 1974, Il fiore e il serpente cambiò le sorti di chiunque vi fosse coinvolto. La maggior qualità consentita da un vero studio lo rese un enorme successo a sorpresa, proprio come accadde l’anno dopo in Occidente con Histoire d’O. Entrambe le pellicole divulgarono il concetto di dominazione erotica al di fuori del ristretto circolo degli appassionati, rendendo il BDSM argomento di conversazione comune alla stregua di 50 sfumature di grigio quarant’anni dopo. Soprattutto però Hana to hebi definì l’estetica, i temi, le pratiche e i comportamenti che a tutt’oggi rimangono alla base della concezione giapponese del sadomasochismo – i cui riflessi costituiscono a loro volta l’idea occidentale di cosa sia il “BDSM nipponico”. Il fatto che la serie abbia proliferato, naturalmente, ha contribuito poi molto.
In tutte le sue infinite incarnazioni, la storia di Hana to hebi ruota attorno a un marito arrabbiato/impotente/caduto in disgrazia che lascia che un sadico rapisca la sua bellissima moglie e la offra a una società segreta di pervertiti. L’uomo immagina che la vedrà tornare a casa completamente sottomessa e che i suoi problemi si risolveranno, tuttavia la signora supera tremende umiliazioni e finisce anzi col prenderci un certo gusto. Gli elementi di base possono essere rimescolati per adattarsi agli umori e alle ossessioni mediatiche del momento (es. la yakuza o la crisi economica nazionale), ma la sostanza è tutta qua. Semplice e prevedibile. Quindi cos’ha di tanto interessante questo nuovo film?
Il punto è che Hana to hebi Zero riesce a essere sia una continuazione che un reboot della serie. La trama ora segue una poliziotta che investiga su un sito web di torture sessuali, ma compaiono anche molti personaggi storici della saga. In particolare una delle tre protagoniste femminili è Noriko Hamada, una veterana di questo franchise che a 48 anni ha fatto drizzare le antenne alla sempre più numerosa popolazione di amanti delle MILF del Giappone. Le proiezioni d’anteprima hanno rivelato poi che alcune scene particolarmente esplicite e perverse sono in grado di scioccare e deliziare il pubblico moderno come accadde con quello del ’74. Infine Hana to hebi Zero promette un salto di qualità tecnica mai visto prima d’ora nei film per adulti “mainstream”.
In un certo senso sembra che la storia stia per ripetersi – oggi con una possibile ricaduta sulla cultura erotica di tutto il pianeta dovuta alla globalizzazione. Personalmente non ci scommetterei troppo, però è vero che il trailer “semi-sicuro” qui sotto sembri promettente. Voi che ne dite?