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Una censura da perderci la testa

 

La notizia era dappertutto, ma in caso ve la foste persa eccone un riassunto. Facebook, il colossale social network che tanto si preoccupa del comportamento dei suoi utenti come una mamma iperprotettiva (e molto impicciona), ha annullato quatto quatto il divieto di immagini violente. Gli analisti spiegano che la decisione sia stata presa probabilmente per dimostrare che l’azienda non seleziona né controlla i contenuti postati online, differenziandosi così da un editore tradizionale. Questo dettaglio apparentemente minuscolo può avere enormi ripercussioni sullo status legale di Facebook in caso di cause, proteggendolo da richieste di risarcimenti e altre magagne processuali.
C’è solo un piccolo problema. Nel giro di pochi giorni, migliaia di persone hanno cominciato a caricare foto e video discutibili – quando non addirittura sanguinari – sui propri profili. Un utente in particolare ha postato un video rivoltante di un uomo che decapita una donna. Naturalmente ciò ha provocato numerose reazioni infuriate e altrettante segnalazioni della clip, con l’idea che venisse rimossa – ma i gestori del social network hanno rifiutato le richieste. «Poiché il contenuto condanna la violenza e non la glorifica» hanno spiegato «non ci opporremo al diritto d’espressione della persona che lo ha caricato».

Potremmo dibattere a lungo se questa posizione sia appropriata o meno per il pubblico adulto. Dato però che l’utenza di Facebook parte (ufficialmente) dai 13 anni, come comportamento non suona molto sensato. E poi, al di là del rischio di esporre dei bambini a immagini estremamente scioccanti, tutto ciò puzza di ipocrisia da chilometri di distanza. Tuttavia è un piccolo prezzo da pagare in cambio della libertà di parola, no? Beh, mica tanto.
Benché il social network accetti nuovamente fotografie eticamente ripugnanti quali, per fare un esempio, cani trascinati a morte da automobili, continua a censurare qualsiasi cosa sia anche lontanamente considerabile sesso. I sistemi aziendali di riconoscimento automatico delle immagini setacciano continuamente i profili a caccia di pornografia – e quando la trovano nuclearizzano la pagina per benino. Già questo doppio standard verso i contenuti per adulti risulta quantomeno strano, ma c’è di più.

Avete mai sentito la storia della ragazza nella vasca i cui gomiti vennero scambiati per seni (sì, sul serio) causandone l’espulsione dalla rete? E quella dei musei che non possono usare Facebook per mostrare al pubblico opere d’arte di nudo famose in tutto il mondo? O della madre che è stata censurata per comportamento «indecente» perché in una foto stava allattando suo figlio? Per Facebook fa tutto parte del mestiere.
Tale concezione incredibilmente puritana è emblematica dell’incomprensibile, irrealistica eliminazione della sessualità dalla vita quotidiana. E non è un problema solo di politiche dei social network: si tratta di un sintomo di una cultura malata. Nessuna persona sana di mente può davvero pensare che guardare video di violenze dei cartelli messicani della droga possa essere più accettabile di vedere un corpo umano nudo.

Si tratta di un problema con cui mi continuo a scontrare nel mio lavoro. Quegli stessi mass media che passano intere giornate a descrivere omicidi, guerre e altri crimini stanno ben alla larga da una mia possibile collaborazione «perché le cose di cui ti occupi sono troppo scioccanti e controverse»; ogni volta che tengo una conferenzaspuntano fondamentalisti che si oppongono alla mera possibilità di discutere di sesso sotto una luce positiva; il mio stesso nome d’arte è qualcosa che uso soprattutto per tenere le persone che amo lontane dai guai dopo che ho ricevuto ripetute minacce da parte di estremisti che vaneggiano di punirmi per il mio campo di ricerca. E tutto ciò è considerato normale.
Non sono un fautore della lussuria incontrollata – tutt’altro, in effetti. Tuttavia ho assistito spesso a ciò che sa bene qualsiasi psicologo: reprimere i propri istinti sessuali è il modo più pratico per sviluppare nevrosi, violenza e comportamenti pericolosi, mentre una cultura sana e ampia della sessualità conduce a un sereno pensiero critico. Che poi è proprio il motivo per cui il sesso è tanto mal visto da certi ambienti.

Vi serve ancora un esempio di a cosa possa servire una visione matura della sessualità? Beh, forse allora potreste rileggervi questo post dal principio. E pensare a cosa significhi per voi lo scandalo per un video. E magari, chissà, potreste provare a diventare attivisti per un giorno e parlarne con i vostri amici. Sarà sorprendente, ve lo prometto.

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