Se pensavate di avere visto ormai già tutto nel campo della pornografia insolita il blog che ho scoperto oggi vi farà cambiare idea. Chinakunbang, sottotitolato ‘Cultura cinese di prigioni e bondage’ di sicuro è diverso dal solito – per lo meno ai nostri occhi di occidentali. Nato all’intersezione online fra eredità storica ed emulazione malriuscita, questo semplice sito web è la vetrina di un negozio virtuale che vende porno BDSM… come lo concepiscono in Cina, dove la sessualità resta a tutt’oggi un argomento misterioso di cui si parla poco.
Nel rispetto delle leggi locali le immagini d’esempio quotidiane sono strettamente non pornografiche. A modo loro ricordano le foto fetish americane degli anni ’50, quando Bettie Page e le sue colleghe stavano ben attente a non mostrare troppa pelle e l’eccitazione derivava tutta dai piccoli dettagli dei loro costumi o dalle espressioni. Qui si nota anche la povertà dei mezzi: i vestiti sono scadenti e a volte della taglia sbagliata, luci e composizione sono concetti sconosciuti, i fondali ricordano le recite dell’oratorio e gli scatti in esterno sanno tanto di sessioni mordi-e-fuggi, del tutto clandestine. I soggetti tuttavia sono una affascinantissima versione aliena di tutti i siti zozzi che abbiate mai visto.
Il fatto è che il BDSM occidentale è l’incontro di innumerevoli iconografie erotiche accumulatesi secolo dopo secolo. Ci sono elementi della martirologia cristiana, degli scritti di de Sade, delle pene medievali, di Inquisizione, atrocità naziste, letteratura alta e popolare, film di cassetta, moda, illustrazione, fumetti e arte classica, porno, teatro, tecnologia, musica e altro ancora – tutto tritato e mescolato attraverso l’incrocio di molte culture locali che vanno dal liberale nord Europa al sud più represso, dal puritanesimo degli Stati Uniti alla mancanza di moralismi del Giappone. Ciò su cui ci masturbiamo quando visitiamo siti come Kink.com o House of Gord è un distillato degli archetipi più forti di tutte queste fonti, remixati in qualcosa in continua evoluzione.
La maggior parte dei cinesi, in compenso, non ha mai incontrato nulla di tutto ciò. La raffinata cultura sessuale dell’antica nobiltà imperiale era basata su una concezione arcaica del ruolo femminile e su una visione del mondo sostanzialmente pre-tecnologica. La Rivoluzione Culturale ha comunque spazzato via tutto ciò relegando il sesso a una funzione puramente riproduttiva. Anche le più recenti generazioni sono cresciute in un paese culturalmente isolato, pressoché del tutto privo di accesso all’erotismo occidentale. L’educazione sessuale lascia ancora molto a desiderare, e la “grande muraglia di Internet” della censura di Stato certo non consente la facilità di accesso alla pornografia cui siamo abituati da queste parti.
In questo contesto l’idea di erotizzare gli squilibri di potere ha naturalmente preso una forma molto diversa dal BDSM occidentale. Scorrendo il blog noterete per esempio che il “bondage” è composto in realtà da appena un paio di legature punitive militari standard, prive tanto delle elaborazioni estetiche del kinbaku giapponese quanto delle raffinatezze delle costrizioni all’americana. I legami cinesi tendono fra l’altro a essere molto pericolosi, poiché stringono eccessivamente punti vulnerabili e addirittura avvolgono il collo.
Venendo ad altre pratiche è scioccante vedere che, mentre gli occidentali padroneggiano un vasto vocabolario di giochi sensuali con elementi di dolore, la Cina prende il concetto di “tortura” molto letteralmente, replicando orrori come la famigerata panca della tigre e addirittura false fucilazioni come se fossero passatempi eccitanti. I segni di percosse sono chiaramente disegnati – male – col rossetto, ma non bastano a rendere l’effetto meno agghiacciante.
L’altro aspetto che ho trovato stupefacente è anche quello che salta più all’occhio. Tolti gli scatti “fetish” più generici e blandi, ci sono tre scenari che compaiono con insistente frequenza: violenze di militari e Guardie Rosse nei confronti di gente comune, interrogatori e imprigionamenti da parte dell’attuale polizia, e ricostruzioni di abusi storici dell’età imperiale. Benché le foto siano chiaramente allestite per l’occasione e le attrici abbiano la buffa abitudine di mantenere un professionalissimo atteggiamento di “niente toccamenti inappropriati”, non vi troverete raffigurata molta esplorazione consensuale. In questo paese (e sotto le loro leggi) giocare per il piacere reciproco è evidentemente inconcepibile. D’altro canto, l’abuso di potere e il calpestamento dei diritti umani sono considerati del tutto normali.
Anche i tag sopra ciascuna foto sono a modo loro affascinanti. Probabilmente per differenziare il sito dalla pornografia illegale fanno molta attenzione a sottolineare come tutte le immagini siano ‘cosplay’ o ‘ricostruzioni’, ma certe volte riescono a trasformare una fotografia banale in un incubo. La ragazza un po’ annoiata dell’immagine qui sopra, per esempio, viene descritta come una delle tante vittime di un comune metodo d’esecuzione in tempo di guerra nel quale la gente veniva semplicemente lasciata mezza sepolta a morire. Grazie dell’appunto, ragazzi.
Non penso che troverò mai Chinakunbang eccitante, ma come fenomeno culturale mi è sembrato incredibilmente interessante. Chissà poi cosa penseranno di www.ayzad.com dalle parti di Pechino…
Aggiornamento – Nel 2019 ho ripubblicato automaticamente questo post sulla mia pagina Facebook, e i fan mi hanno segnalato la triste dipartita del sito in questione. Un vero peccato, secondo me. Ho rovistato Internet alla ricerca di una copia dei suoi contenuti, ma tutto ciò che ho scovato è stato questo video relativamente banale, che tuttavia è sufficiente a mostrare quella dissonanza di cui parlavo. Se riuscite a trovare un archivio più ampio, fatemelo sapere e aggiornerò ancora volentieri questo post.