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Vi trovate a una festa di celibato. Arriva un carrello con una enorme torta di cartone, vi si radunano tutti attorno, e… sì, sapete come va avanti, certo. In effetti, lo sapete perché la gag della “spogliarellista nella torta” è un vero e proprio cliché – e spesso pure piuttosto mesto. Ma fermi un attimo: com’è che una cosa tanto assurda è entrata a far parte così stabilmente della nostra cultura?
La risposta pare sia molto più complicata di quel che pensereste.
Storicamente parlando, le torte a sorpresa non sono niente di nuovo, benché originariamente assomigliassero più a torte salate. La tradizione è cominciata nel tardo medioevo con gli entremet, piatti stravaganti che venivano serviti come intermezzo fra le portate vere e proprie per consentire ai convitati di prendersi una pausa dalla crapula e godere di spettacolari mise en place quali caravelle di cartapesta che si cannoneggiavano da una parte all’altra della tavola, riproduzioni di castelli assemblate con tagli sopraffini di cacciagione, o attori che declamavano poemi circondati da trionfi di frutta. Gli entremet divennero col tempo sempre più elaborati. Nel 1474 il Libro de arte coquinaria di Martino da Como conteneva la ricetta di un pasticcio speciale da riempire all’ultimo momento (attraverso un foro sul fondo) con merli e rane vivi, in modo che tagliando la crosta gli animali invadessero il banchetto per lo stupore e la delizia degli ospiti. Più specificamente, un ricettario inglese del 1660 chiarisce che gli uccelli puntano istintivamente alla luce, pertanto volano contro le fiamme delle candele e le spengono facendo piombare il salone nel buio, mentre i batraci terrorizzano le signore.
Benché la pratica fosse abbastanza diffusa da ispirare perfino una filastrocca da girotondo, non sento la mancanza di quelle cene. E apparentemente nemmeno gli aristocratici, che passarono gradatamente a divertimenti meno confusionari. Nei primi dell’Ottocento l’ingegnere francese Philippe Le Bon progettò una torta autospalancante così grande da contenere niente meno che un’orchestra di 28 elementi, ma si trattò di un’eccezione. La mania dei dessert a sorpresa aveva infatti raggiunto il popolino. Casalinghe inconsapevoli decoravano le loro creazioni con ispirati all’antica tradizione, mentre i circoli per gentiluomini utilizzavano occasionalmente torte di metallo per presentare ai loro ospiti prostitute-omaggio con cui concludere in bellezza una sera di celebrazioni. Tale uso era tuttavia disdegnato dalla maggior parte dei club e sarebbe rimasta solo una bizzarra nota a pie’ di pagina, se non fosse accaduto un incidente epocale.
La notte del 25 giugno 1906 al teatro sulla terrazza del Madison Square Garden debuttò il varietà Mam’zelle Champagne. Lo spettacolo stava concludendosi con un gran finale intitolato I Could Love a Million Girls – ma nessuno ne vide la chiusura. Proprio durante un crescendo, il milionario Harry Thaw si alzò dalla poltrona, raggiunse il collega plutocrate Stanford White, estrasse una rivoltella e gli sparò tre volte inondando i vicini con brandelli di volto e di cranio. Qualcuno urlò, altri svennero, e gran parte del pubblico applaudì estasiata pensando che si trattasse di uno dei frequenti scherzi fra ricconi perdigiorno. Naturalmente non appena la situazione divenne chiara i critici musicali inviati dai giornali si fiondarono verso le cabine del telefono nel mezzanino per dettare lo scoop ai linotipisti – iniziando così la lunga copertura di quello che divenne noto come ‘il processo del secolo’.
Thaw soffriva di gravi disturbi mentali, ma l’omicidio venne rapidamente spiegato come la vendetta per un oltraggio subito sei anni prima, di cui White non era nemmeno consapevole. La cosa riguardava il discutibile passato della moglie dell’assassino nonché una delle Gibson Girl originali e l’ispiratrice del personaggio di Anna dai Capelli Rossi, Evelyn Nesbit. L’uomo ne era rimasto infatuato quando lei era una ballerina di fila sedicenne: aveva assistito ossessivamente ai suoi spettacoli sera dopo sera, l’aveva ricoperta di preziosi regali anonimi e l’aveva seguita da lontano per mesi prima di dichiararsi. Sfortunatamente però nel farlo scoprì anche che Evelyn fosse incinta dell’attore John Barrymore e avesse urgente bisogno di abortire – per la terza volta.
Per nascondere l’intervento Thaw organizzò un viaggio in Europa, durante il quale tramò subdolamente per alienare la madre della Nesbit che li aveva accompagnati e rimandarla negli Stati Uniti, poi trascinò la ragazza in un vorticoso pellegrinaggio dei luoghi di culto della Vergine Maria. Nutriva un’ossessione assoluta per la castità, e nel libro degli ospiti del luogo di nascita di Giovanna d’Arco l’uomo scrisse quello che divenne un indizio chiave: ‘se Stanford White fosse stato nelle vicinanze non sarebbe stata tanto vergine’.
I giornalisti impazzirono per la storia della donnaccia che s’era sposata un milionario, specie quando scoprirono in aula i dettagli del bizzarro corteggiamento di Thaw. Durante il viaggio in Europa l’omicida aveva letteralmente imprigionato la Nesbit nella torre di un castello austriaco per due settimane, durante le quali l’aveva costretta a furia di botte e frustate a rinnegare il suo passato lascivo e sposarlo. A quel punto aveva assunto tutta un’altra personalità, giurandole che sarebbe diventato «puro come un monaco benedettino» in spregio della sua celebre dissolutezza, poi aveva riportato la ragazza in America e l’aveva prontamente segregata sotto la sorveglianza della madre bigotta e invadente.
I giornali rivelarono settimana dopo settimana dettagli sempre più sconvolgenti. Ciò era dovuto in parte alla duplice strategia dell’editore William Randolph Hearst, il magnate senza scrupoli che notoriamente ispirò il film Quarto potere. Il processo Thaw venne usato come collaudo del tipo di giornalismo scandalistico che va ancora oggi per la maggiore – oltre che come opportunità di screditare alcuni imprenditori concorrenti. La frenesia dei media venne tuttavia alimentata anche dalle rivelazioni emerse durante le deposizioni. Specie quando i testimoni cominciarono a parlare degli eccessi di Stanford White.
La vittima non era infatti solo una star dell’architettura che aveva progettato, fra le altre cose, il misterioso laboratorio di Wardenclyffe in cui Nikola Tesla diceva di aver costruito un raggio della morte capace di spezzare il mondo in due. In privato White era stato soprattutto un libertino impenitente. Stando ai referti della sua autopsia, la passione per l’alcool, le droghe e amanti di ogni sesso lo avrebbero ucciso comunque nel giro di pochi mesi, risparmiando a Thaw un sacco di problemi.
Il suo modus operandi con le ragazze era semplicissimo. White metteva gli occhi su un soggetto giovane – molto giovane – e facilmente impressionabile, di solito nel famoso e gigantesco negozio di giocattoli FAO Schwarz. A quel punto la invitava a passare un pomeriggio di giochi innocenti nel suo straordinario appartamento ai piani superiori dello stesso edificio, dotato perfino di una sala con un’altalena di velluto rosso appesa al soffitto. Infine dava un nuovo appuntamento alla ragazzina: se si presentava con i genitori li pagava per passare del tempo con lei, altrimenti si limitava a stuprarla.
Alcune vittime di Stanford White avevano accettato l’oltraggio in cambio dell’opportunità di entrare nel giro delle prostitute d’alto bordo dei milionari di Manhattan, benché la cosa comportasse il partecipare ad attività perverse di vario genere. Ed è qui che rientra in gioco la spogliarellista nella torta, perché i giornali non potevano in alcun modo descrivere chiaramente i passatempi del riccone senza scadere nell’osceno… ma potevano in compenso raccontare la storia della torta. In effetti, questa divenne il fulcro e il simbolo stesso della degenerazione di White – specie quando venne fuori che il giochino era stato ripetuto anche durante una cena di gala alla quale avevano partecipato numerosi cittadini ufficialmente integerrimi, fra cui i summenzionati Tesla e Gibson. In quel caso la ‘ragazza nella torta’, come venne subito ribattezzata, era stata la quindicenne Susie Johnson, vestita solamente di un fazzoletto di trasparentissima garza nera.
Anche Harry Thaw aveva partecipato ad alcune di quelle serate, pertanto conosceva bene quali trattamenti subissero le ragazze nelle mani di White e a volte degli altri partecipanti. Potete quindi facilmente immaginare cosa gli passò per la testa quando scoprì che Evelyn Nesbit era stata una di loro, e che fosse stato White stesso a presentarla a Barrymore, un altro ospite ricorrente.
Potete anche immaginare la curiosità pruriginosa e l’indignazione di facciata dei lettori di Hearst quando vennero a conoscenza dei baccanali, specie quando la parte della torta veniva ripetuta costantemente come emblema della decadenza borghese. Non c’è quindi da stupirsi se ogni locale malfamato e associazione studentesca pretese immediatamente di avere la propria ragazza nella torta. Ed è questo, in sostanza, il motivo per cui la tradizione sopravvive tutt’oggi.
Oh, e in caso ve lo steste chiedendo: il primo processo di Thaw finì con la giuria popolare indecisa fra colpevolezza e innocenza. Al secondo processo gli avvocati invocarono l’infermità mentale, e grazie alle scandalose testimonianze della moglie (che si scoprì dopo essere stata pagata fino a un milione di dollari per rovinarsi la reputazione) venne imprigionato in un manicomio criminale. Qualche anno dopo la madre riuscì a organizzarne la fuga e la latitanza in Canada, ma Thaw venne estradato negli Stati Uniti, riprocessato e giudicato innocente. Peccato che finì presto nuovamente in manicomio per avere inseguito un prostituto minorenne brandeggiando un frustino, ma riuscì ancora una volta a comprarsi la libertà e si rassegnò a una vita di clausura insieme alla mamma e ai suoi fanatismi religiosi.
Evelyn Nesbit ottenne il divorzio nel 1915, divenne un’insegnante di scultura ma rimase perseguitata dalla fama di “bella letale” fino alla sua morte nel 1967. Dal canto suo, Susie Johnson scomparve invece immediatamente dopo aver testimoniato, probabilmente senza aver mai sospettato di avere messo in moto un’incredibile catena di eventi solo spuntando da una torta finta.