E così sul Web oggi è di moda sbigottirsi per la stranezza dei reality show erotici giapponesi. La ragazza nella foto qui sopra, per esempio, è una concorrente di Idol no ana impegnata a dare il meglio in una delle molte prove di leccata di un programma il cui titolo si traduce letteralmente con ‘Il buco di una idol’ – laddove ‘idol’ è il termine nipponico per una ragazza caruccia e priva di qualità che viene catapultata fin da piccola in una carriera di canzoni, poi servizi pornosoft seguiti da video erotici sempre più estremi e, raramente, da una seconda vita come piccola celebrità televisiva.
Le ragazze competono per conquistare l’occasione di diventare la prossima famosissima idol, sottoponendosi a molte prove allusive quali le leccate di cui sopra, succhiare cose da tubi, spogliare manichini senza usare le mani e cambiarsi in costumi da cosplay – immobilizzandosi a comando per farsi esaminare meglio da un cameraman suino.
L’altro video è ancora più scioccante. Si tratta dei momenti clou di Orgasm wars: una prova di 40 minuti per stabilire se il grasso gestore di un gay bar riesce a far venire una pornostar maschile utilizzando le sue tecniche di fellatio segrete. Benché il bacino sia nascosto dietro a un piccolo paravento le cose si fanno esplicite quanto immaginate (per non parlare degli stranissimi rumori di tutto ciò), con tanto di cronista che racconta gli sviluppi momento per momento.
Vi rovino la sorpresa: il barista vince e, pur riluttante, l’attore viene. Proprio come la concorrente numero tre di questo vecchio programma su… ehm… succhiare microfoni mentre dei pennelli nascosti ti stimolano fra le gambe? Eppure non è più strano della gara di risucchio di chiappe del terzo spezzone, o del telequiz in cui i partecipanti rispondono mentre vengono frustati da una dominatrice, o… beh, ci siamo capiti. Ma cosa significa tutto ciò?
Agli occhi di un occidentale il Giappone ha parecchie strane abitudini, è vero. Ma è altrettanto vero che non sia nemmeno così folle come lo dipingono i nostri media. È solo questione di contesto. Per capirne almeno tre quarti basta ricordarsi che si tratta di un paese shintoista e buddista, beatamente privo degli assurdi sensi di colpa e di vergogna che la religione cristiana, ebraica o musulmana impone su sesso e sessualità. Quando i genitali sono solo una parte del corpo come le altre e il sesso è una comune attività umana, approcciarlo così allegramente e davanti a un pubblico appare molto più ragionevole. Spettacoli come Idol no ana ricevono le critiche di qualche moralista anche là, ma la maggior parte della gente li considera allo stesso livello di uno spettacolo di cucina, fitness o musica.
Il secondo aspetto importante da tenere in considerazione è come il Giappone resti una società molto formale. Basta guardare l’inizio dello spezzone di Orgasm wars: c’è uno sconosciuto di diverso orientamento sessuale che si presenta per succhiartelo contro la tua volontà davanti a una telecamera, e la reazione normale è di scambiarsi educatamente i biglietti da visita, inchinarsi e dichiarare con grande urbanità che non soccomberai alle sue tecniche. Il 99% dei maschi americani sarebbero scappati urlando insulti, terrorizzati dall’idea di “essere diventati gay” solo perché si sono trovati nella stessa stanza con quel signore.
Il fatto è che quasi tutti gli spettacoli nipponici non mettono alla prova l’abilità, ma la capacità di non perdere la faccia – cioè di mantenere alto l’onore personale e della propria famiglia anche di fronte alle avversità. Accettare qualsiasi sfida, indipendentemente da quanto sia assurda, ne rappresenta una gran componente.
Sapendo tutto ciò i programmi zozzi orientali assumono un significato molto differente. Possono essere scioccanti, controversi e ridicoli, ma non più alieni com’erano sembrati a prima vista. Dopotutto si tratta solo di ricordare che ognuno vive il sesso a modo suo – e finché rimane sano, sicuro e consensuale nessuna interpretazione è “migliore” delle altre.