Uno dei gridi di battaglia più frequenti di questi tempi è «lotta alle banche!», e per ottimi motivi. Non c’è dubbio che le stravaganti libertà di cui si sono autoinvestite le istituzioni finanziarie e l’apparente immunità legale delle loro azioni abbiano cospirato a creare una gran parte dell’attuale crisi mondiale. Potete (e dovreste) leggere di queste cose già più o meno dappertutto, per cui qui sarà meglio concentrarsi su un’altra inquietante forma di interferenza finanziaria nelle nostre vite di cui potreste non essere al corrente.
Per poter accettare denaro dai propri utenti ogni attività online deve collaborare con due diverse entità: le carte di credito e i merchant. Le prime convalidano i titoli utilizzati per gli acquisti, mentre gli altri gestiscono le transazioni digitali vere e proprie. A seconda delle diverse combinazioni di partner le procedure possono variare leggermente, ma in sostanza il punto è che per restare in attività c’è bisogno di entrambi.
Ora, è ovvio che queste entità adottino regolamenti etici per prevenire il loro coinvolgimento in attività illegali. Nessuna società emettitrice di carte di credito vi aiuterà consapevolmente a comprare droghe illegali online, per esempio. Il che è encomiabile… tranne che per un aspetto. Nel tentativo di mantenersi impeccabili, tali regolamenti aderiscono – a volte in maniera preventiva – alle interpretazioni più ampie delle leggi, anche quando sono solo regionali, moralizzatrici o semplicemente folli.
L’impostazione è di solito innocua, a meno che non lavoriate – anche più che legittimamente – nel campo del sesso insolito. La notizia più recente riguarda il gigante dei social network perversi Fetlife, il cui nuovo anno è cominciato con l’annullamento improvviso del contratto con il merchant che permette l’acquisto di servizi premium e di eseguire donazioni. Il motivo? Pare che il sito rappresentasse esplicitamente attività criminali.
Dopo il panico iniziale è venuto fuori che la pedopornografia in questione fosse composta in realtà di blandi disegni stilizzati e gruppi di discussione dedicati all’ageplay, così come nel caso della zoofilia. Il materiale sullo scat invece era vero, ma il fatto è che si tratta di una pratica legale sulla maggior parte del pianeta – di conseguenza punire l’intero sito è stato concettualmente simile a far chiudere un negozio che esponga un quadretto della vergine Maria solo perché in certe zone del Medio Oriente è illegale rappresentare le divinità. Più in generale, secondo numerose interpretazioni i crimini contestati erano semplicemente… inesistenti.
La soluzione adottata da Fetlife alla fine è stata di fare un ulteriore riesame dei contenuti pubblicati dagli utenti, eliminare ogni materiale potenzialmente offensivo e chiudere centinaia di gruppi potenzialmente controversi. Il che sembra sensato fino a che non se ne considerano le implicazioni.
Sicuramente agire in modo differente sarebbe stato per loro impraticabile, e sicuramente la questione è troppo complessa per essere risolta in due parole – ma ciò significa anche che all’atto pratico a un’istituzione finanziaria è concesso di decidere quali fantasie erotiche siano appropriate per voi e quali no. E chi non è d’accordo può scordarsi lo stipendio: fine della storia.
Allora è accettabile che Visa o American Express dettino che non potete leggere le storie evidentemente immaginarie dei manga erotici giapponesi (una minoranza dei quali contiene in effetti personaggi minorenni o potenzialmente minorenni)? È ragionevole che un’azienda di elaborazione dei pagamenti possa decidere che sia per voi immorale avere fantasie di toiletsex nonostante si tratti di pratiche del tutto legali nel vostro paese? Cosa pensate di quei negozi online mandati in bancarotta dall’oggi al domani perché un merchant ha improvvisamente deciso che vendere ‘strumenti di tortura e prigionia’ fosse contro la policy aziendale?
Indipendentemente da quali siano le nostre inclinazioni personali, eventi come questi mi preoccupano un po’. Solo poche settimane fa per esempio la Russia ha dichiarato illegale la “propaganda gay”, e visto il modo fumoso in cui è stata definita è oggi a rischio il lavoro e il reddito di migliaia di persone. Ma allora quanto sarebbe facile per un’istituzione repressiva eliminare dal “mondo libero” le culture sessuali alternative con un semplice trucchetto finanziario?