Questo articolo è stato scritto originariamente per la rivista Psicologia Contemporanea
Dai siti porno alla politica, il tradimento consapevole è più complesso di quanto appaia
Negli Stati Uniti la campagna pre-elettorale per la presidenza del 2020 è ormai entrata nel vivo, alimentando i media e i social network con un magma infinito di notizie, scandali e disinformazione strategica. Esattamente come in Italia e in molte altre nazioni i programmi e le qualità concrete dei candidati non hanno alcun peso: l’esempio stesso del successo di Trump ha orientato l’intera competizione sull’emotività degli elettori – come dire che gran parte dello sforzo è concentrato sulla demolizione dell’immagine pubblica degli avversari, con qualsiasi mezzo. Gli insulti sono quindi uno strumento tanto più valido quanto più riescono a essere creativi e ficcanti.
Fra i molti improperi utilizzati, soprattutto dalla destra più populista, ne spicca uno particolarmente curioso: ‘cuck’.
Cosa si intende per cuckoldismo
Compiendo una rapida analisi linguistica si nota che, fino alla precedente campagna nordamericana, il termine veniva usato esclusivamente nel gergo della pornografia. Cuck è infatti l’abbreviazione di ‘cuckold’, un vocabolo desueto che era sparito dalla circolazione nel 1500 e indica in origine un comportamento tipico del cuculo, che invade i nidi di altre specie, getta fuori le uova e vi depone le proprie per lasciarle covare ad altri. Un cuckold equivale quindi grossomodo all’italiano ‘cornuto’, ma con alcune importanti differenze.
Il cuckold infatti non è vittima inconsapevole del tradimento della partner, ma svolge un ruolo attivo nel cercarle gli amanti, servirli (in certi casi anche sessualmente) e contribuire all’eccitazione della coppia osservandola senza partecipare, o subendone gli insulti. Questa dinamica parafilica ha vari livelli di sviluppo, che possono includere uno stato semi-pubblico della condizione di cornuto nelle apposite comunità online; l’uso di simboli espliciti indossati dalla partner; l’imposizione di gabbiette genitali che impediscono erezione e masturbazione la cui chiave è tenuta da lei; l’integrazione di pratiche BDSM in cui la donna ha il ruolo dominante e, in rari casi estremi, l’esposizione al rischio di essere inseminata dall’amante (detto ‘bull’).
Benché esista un equivalente al femminile (‘cuckquean’) molto meno praticato, il cuckoldismo è quindi caratterizzato da potenti simboli di devirilizzazione, profondamente ripugnanti per chi condivida l’approccio patriarcale e machista dell’ala repubblicana del Congresso.
Non solo: la pornografia di cuckoldismo sfrutta molto spesso un immaginario interrazziale in cui un nero superdotato celebra la propria “superiorità” sessuale sul maschio bianco seducendone la compagna, che dal canto suo non manca di rimarcare l’inadeguatezza del partner ufficiale. Nonostante più studi confermino che la maggioranza degli uomini di colore detesti tale stereotipizzazione e rifugga l’essere utilizzata come feticcio, questa rappresentazione fantastica assume forte valenza politica quando si lega al mito razzista del ‘genocidio bianco’ – la presunta e proteiforme cospirazione che punterebbe a cancellare la razza caucasica proprio tramite il propagarsi di prevaricazioni sessuali di questo tipo.
Perché è diventato d’interesse
È interessante osservare come lo sbarco della sottocultura cuckold nel mainstream sia un fenomeno squisitamente legato alla fiction: l’immaginario del porno è stato cooptato dalla narrazione immaginaria della propaganda politica, suscitando di ritorno un aumento di interesse per un genere fino ad allora decisamente di nicchia. La richiesta di materiale da parte di un’utenza in cerca di raffigurazioni molto specifiche alimenta la creazione di contenuti che la soddisfino, e il risultato finale è che la percezione collettiva sovrastimi fortemente la reale pratica del cuckoldismo, specie interrazziale.
È altresì evidente come l’intero fenomeno si inserisca su un particolare zeitgeist di insicurezza sociale, e la pervasività capillare della pornografia, al punto che non solo il pubblico sia in grado di cogliere termini “da conoscitori” (es. ‘maschio beta’, ampiamente usato nell’erotografia cuckold), ma che le stesse figure pubbliche possano usarli senza subire lo stigma di padroneggiare nozioni “perverse” e “immorali”.
Se ci spostiamo tuttavia nel mondo reale, le caratteristiche psicologiche della pratica – e ancor più delle fantasie – cuckold assumono significati ben diversi.
Sfatiamo innanzitutto l’idea che si tratti di una novità nel campo delle devianze. La figura del giovane amante “ufficiale” è presente in numerose culture ed epoche differenti, sostanzialmente per gli stessi motivi per cui il cuckolding attrae alcune coppie contemporanee. L’interpretazione tradizionale è che rappresenti una soluzione palliativa a problemi di disfunzione erettile o fertilità maschile, dove il bull è quindi un’estensione del legittimo partner. Questa è tuttavia solo una parte della dinamica.
I meccanismi del cuckoldismo
Ferma restando l’estrema variabilità della vita sessuale, alcuni meccanismi ricorrenti riguardano per esempio la deresponsabilizzazione del maschio, soprattutto nei contesti in cui la visione del sesso è circoscritta all’atto penetrativo. Il cuckold non è tenuto a dimostrare la propria virilità, ed è pertanto libero dall’ansia da prestazione.
Lungi dall’essere una cessione di potere, il ruolo di “cornuto” è poi fortemente manipolatorio. Scegliere il partner, decidere con la compagna la modalità degli incontri e osservarne gli amplessi permette di mantenere un controllo pressoché assoluto sulla presunta “infedeltà” della donna, che viene così disarmata del potere di ferire emotivamente il maschio.
Sempre in quest’ottica, va inoltre considerato che per il cuckold il vero fulcro dell’atto non è lo sfogo voyeuristico di assistere a uno show pornografico inscenato dalla partner, bensì il momento in cui l’intruso viene liquidato e la coppia si ritrova confermando così la solidità del rapporto affettivo. Non a caso, le rare confessioni con contenuti negativi pubblicate sui forum specializzati sono quasi sempre centrate sulla rottura di questo patto implicito: «abbiamo praticato questo gioco con grande soddisfazione per anni, ma quando lei si è innamorata di un bull mi è crollato il mondo addosso».
La manipolazione può infine assumere i tratti di un ricatto narcisistico nei rapporti cuckold più caratterizzati da elementi BDSM. Lo “schiavo” è tutt’altro che l’essere inferiore idealizzato dai partecipanti, ma l’elemento centrale di una narrazione elaborata in cui ogni “punizione” risulta piacevole per entrambi, e obbliga la “padrona” a dimostrare continue attenzioni per le condizioni del partner. In tale contesto la temporanea negazione di godimento fisico è più che bilanciata dalla soddisfazione di essere pubblico unico e privilegiato dell’impegno profuso da bull e compagna per suscitare una “umiliazione” che non causa alcun reale patimento.
Chissà se quei politicanti ci hanno mai pensato…