Che meraviglia, le coincidenze! Avevo appena finito di ascoltare Butterfly effect – un podcast di Jon Ronson di cui torneremo a parlare – in cui si parla, fra le altre cose, di video erotici su misura. Riassumendo: il porno in streaming su Internet ha ammazzato l’industria dei “film per adulti”, spingendo registi e attrici a inventarsi il nuovo lavoro di girare clip personalizzati per clienti con gusti insoliti.
Già questo sarebbe interessante, ma a un certo punto Ronson visita alcuni set e viene a conoscenza di un cliente davvero strano, che ha spedito la sua collezione di francobolli per farla distruggere a un gruppo di ragazze sexy. La cosa finirebbe lì, non fosse che qualche settimana dopo il giornalista sta intervistando una pornostar… che racconta divertita di avere appena girato un altro video di distruzione francobolli. Lì parte un’indagine che non vi spoilero.
Fatto sta che ho parlato di questa storia a un’amica… e pochi giorni dopo mi ha telefonato entusiasta.
«Non crederai mai chi ho conosciuto!» mi ha detto. «Hai presente la storia dei video custom?»
«Certo, perché?»
«Sono entrata in contatto con un regista di quel tipo di clip!»
«Buon per te,» ho risposto mentre affrontavo il traffico milanese. «Immagino sarà un tipo simpatico, per esaltarti così.»
«Beh, sì. Ma il punto è un altro. Hanno chiesto anche a lui di realizzare video di distruzione di libri. Solo che ne ha fatti parecchi… E il libro è sempre lo stesso!»
«Passami subito il contatto! Lo devo proprio conoscere…»
Da qui a un’intervista il passo è brevissimo. E questo ne è il risultato.
Ciao, Mick! Ti va di raccontarci un po’ chi sei e come sei finito a fare il tuo lavoro?
Ciao! Come spesso succede, non avrei mai immaginato di finire così mentre studiavo informatica e business all’università; la prospettiva di finire fisiologicamente impiegato in un ufficio è sempre stato il mio incubo peggiore, ma del resto molto verosimile. Forse per ritardare il più possibile tutto questo ho sempre assecondato le mie passioni, portando avanti l’università in secondo piano.
La prima combinazione insapettata sta tra i miei studi e il mio modesto foot fetish: collaborando come webmaster con una produzione di video fetish americana, sono presto finito a collaborare con loro come editor e committente di video che poi rivendevo come miei.
La seconda combinazione fatale sta nell’essermi trasferito in un attico con un amico, quasi per gioco, dove ho potuto iniziare ad appassionarmi di fotografia; quando la mia assunzione presso la produzione americana non andò a buon fine per questioni logistiche, ero già comunque rodato in termini di tecniche di shooting video e montaggio avendo collaborato con loro su più livelli. Avevo una bella location e contatti con modelle con cui potevo comunque continuare a produrre… Ma vivevo in Italia.
Questo non andava bene: oltre alla barriera sulla lingua inglese per la totalità delle modelle, c’erano anche forti limiti sui contenuti: il nudo veniva accettato raramente, spesso il volto doveva essere coperto, e le modelle lo facevano sempre come attività extra rispetto alla fotografia, con un certo imbarazzo. Inoltre in Italia c’è una vera e propria barriera al business: iniziavo a guadagnare abbastanza da non poter rimandare l’aspetto fiscale, ma ognuno sosteneva una cosa diversa e l’unica cosa certa era che aprendo una partita IVA mi sarei dannato. Fu all’uscita da un colloquio con due commercialisti, nel quale non riuscirono a dirmi nulla di preciso, che decisi: lasciavo l’Italia. Ed è stata la scelta migliore che potessi fare, altrimenti oggi il mio lavoro non sarebbe una realtà.
In Inghilterra le modelle parlavano ovviamente un ottimo Inglese, e si trovava di tutto: dalla ragazza innocente per contenuti soft alla pornostar, alla MILF. Umanamente parlando la situazione inglese è un disastro: la gente è persa e anche per questo si trova di tutto. Ma, per lavorare, questa offerta variegata era ideale.
Soprattutto, un colloquio di 20 minuti con un commercialista spazzò via tutti i problemi senza uscita che mi erano stati sollevati in Italia, e da quel momento fatturo, pago le tasse, scarico, investo: ho un’attività vera e propria, e nel giro di tre anni ho potuto addirittura accendere un mutuo e avere una casa mia, pagata con il mio lavoro. Una cosa che avrebbe dell’incredibile per un giovane freelancer in Italia.
Il lavoro in termini di video custom è salito da qualche richiesta ogni tanto ad avere tutti gli shooting sempre pieni, e doverne organizzare continuamente per tenere a bada la domanda.
I produttori di video custom che compaiono in Butterfly effect sostengono un po’ tutti di fare un mestiere divertente ma su tutto un altro livello rispetto ai guadagni dell’industria del porno “tradizionale”. In effetti, a sentirli sembra che si sentano in una specie di limbo riservato a chi è troppo eccentrico per inquadrarsi nei tag dei grandi portali tipo PornHub. Tu che ne pensi?
Non so bene quanto guadagni il porno tradizionale, ma di sicuro la cosa è molto variabile: il budget di produzione è certamente molto più alto, sia per i contenuti, sia perché è necessario avere un team, dei performer, e puntare più sulla promozione per restare a galla.
Io francamente ho cercato collaboratori e attori per anni, ma non ha mai funzionato e negli anni ho imparato a fare tutto da solo. Oggi sono una one man company: una cosa che mi tiene occupato più di un lavoro full time ma mi permette di contenere il costi e di avere un’elasticità senza pari.
Comunque, l’impressione che mi dà il business del porno è che il ciclo di vita di un prodotto sia così limitato da non valere la pena: entro poche ore un video si trova piratato in streaming. Il fetish di nicchia, invece, gode di una comunità più rispettosa: i video vengono piratati in modo molto limitato; si tende di più ad essere solidali con il produttore. E, comunque, spesso il video è così particolare che non vale la pena condividerlo perché non interesserebbe a nessuno.
Beh, a questo punto però ti devo per forza chiedere di farci qualche esempio di video particolarmente insolito che ti è stato commissionato…
Solo per citarne alcuni che mi vengono in mente: gonfiabili giganti cavalcati da una ragazza che fuma e li buca con la sigaretta fino a sfinirli. Restando in termini di gonfiabili, un delfino che rappresenta una persona che viene svuotato della sua carica tramite la sua valvola-pene (utilizzando ovviamente una posizione super specifica), e quando è molle viene arrotolato e infilato nei collant dalla ragazza, che quindi appare come se fosse di nuovo incinta.
Una ragazza-spia che viene paralizzata da un agente, che finisce per ispezionarle le gengive e la lingua che è rigorosamente schizzata fuori. Recentemente ho aperto uno store ispirato a Dolcett in cui le ragazze vengono preparate come arrosti (con olio d’oliva e un tappeto di verdura). E l’intramontabile distruzione del libro.
Fermo lì. Questa la voglio sapere nei dettagli, e soprattutto devo chiederti: come immagini sia nata una fantasia così bizzarra?
Il volume è un’enciclopedia illustrata del 1993. Senza meriti, davvero sconclusionata, che quasi si merita una fine del genere.
Ci sono elementi di umiliazione verbale, calpestamento, gigantesse, feticismo degli stivali, distruzione… Quindi si potrebbe dire che è un buon prodotto. La storia però è invece sempre la stessa: distruggere il libro completamente, in 25 minuti, indossando un paio di stivali di un modello specifico, che sono poi il vero requisito fondamentale: senza gli stivali non si fa il video.
La ragazza deve umiliare verbalmente il cliente come se lui fosse nella stanza (le riprese sono in soggettiva, detta in gergo ‘POV’), e distruggere il libro come se fosse la sua cosa più preziosa, la sua vita, la sua mascolinità. No, l’autore del libro non è il cliente, e non c’è nessuna correlazione con il look della ragazza o la sua performance: il video va sempre bene, ma in alcuni casi viene valutato eccezionale nonostante la ragazza abbia avuto una performance piatta e imbarazzante.
Il problema principale è che, negli anni, ho prodotto probabilmente un centinaio di questi clip, praticamente almeno uno con ogni modella con cui ho lavorato. Sempre uguale.
Molte storie che ho sentito nell’ambiente dei video su misura rivelano vicende umane piuttosto tenere, paradossalmente romantiche. Ogni tanto però spunta pure qualche elemento inquietante. Nel rispetto della privacy delle persone che si rivolgono a te, hai anche tu qualche aneddoto al riguardo?
Niente di romantico purtroppo, almeno da quanto ne so io. Mi capita ogni tanto di ricevere richieste magari “normali” ma che hanno una vibrazione negativa, inquietante, e per questo cerco di declinarle. La cosa che trovo disturbante – quello che io ritengo perversione – è l’ossessione compulsiva: quando tutto sta nel controllo minuzioso di alcuni aspetti, dei dialoghi, del vestiario, o in script chilometrici, risoluzioni video gonfiate o addirittura il valore più alto di fotogrammi al secondo… Tutto questo è un problema di Io, è perdere di vista l’essenza, perdere la bussola per davvero.
Non voglio condividere aneddoti particolari ma piuttosto osservare che, quando ricevo cose del genere, devo constatare che in due casi su tre arriva dalla Germania.
Ok… Venendo a questioni più pratiche, puoi raccontare cosa succede dietro le quinte nel momento in cui ricevi una richiesta? Mi riferisco proprio alla produzione, dal casting, alle location, ai tempi richiesti per realizzare le videofantasie altrui.
La location è semplice: casa mia, che ho ovviamente ottimizzato ed attrezzato per le riprese, tra luci, arredi, spazi e guardaroba. Semplicemente, organizzo regolarmente shooting con modelle (ad esempio 4 ore), e annuncio lo shoot sul sito: le persone possono usare una parte del tempo a disposizione e chiedermi di produrre la loro fantasia, compatibilmente con le abilità e i limiti della modella, e da lì parte il preventivo e la discussione.
Una volta che il custom è pianificato con il cliente (ed è un lavoro spesso non breve), si attende il giorno dello shoot in cui giro il materiale, e poi entro 1-2 giorni il cliente riceve il clip in download.
È mai capitato che qualcuno si sia lamentato dei risultati? E che invece siate rimasti in contatto?
Ho clienti più o meno regolari che ordinano da anni; altri ordinano una volta e scompaiono senza neanche farmi sapere se sono soddisfatti. Altri ancora sono molto attivi in periodi particolari, poi magari scompaiono per un anno e ritornano.
In generale, però, sono tutti molto riservati ma in generale restano soddisfatti. Ci sono ovviamente gli episodi in cui le cose vanno male, ma cerco sempre di risolvere anche perché in genere il cliente ha sempre ragione. Magari, se un cliente si dimostra difficile, preferisco andarci più cauto la volta successiva in termini di preventivo piuttosto che giocarmelo e farmi una cattiva reputazione.
Andiamo sul filosofico: cosa hai imparato da questa esperienza lavorativa?
Su questo potrei scrivere un libro, ma giusto per accennare un paio di cose: ho ovviamente conosciuto lati della sessualità e mente maschile (perché sempre di maschi si parla quando si tratta di custom video) di cui pochi si rendono conto. Ho avuto anche modo di sondare le mie stesse fantasie, rendendomi conto che sono solo dei simboli, che l’essenza non è lì. Ho capito che un feticismo è solo un “indizio”, una chiave di lettura di se stessi, e che come tale dovrebbe essere preso. Invece, vedo la maggior parte delle persone rimbalzarci a vita, ricercando compulsivamente un appagamento che non arriverà mai, perché non è nel simbolo: la maggior parte delle persone resta a guardare il dito quando invece tu indichi loro la via.
Paradossalmente, per me il fetish e il lavoro per adulti è stato un’occasione di ricerca interiore molto profonda.
Quando ci siamo conosciuti mi hai accennato che stai pensando di cambiare attività. Come mai?
Più che cambiare attività, evolverla e in parallelo dedicarmi ad altri progetti. Ho molte idee, e in generale ho bisogno di spaziare o finisco in crisi esistenziale. A lungo andare, produrre custom a ripetizione non è più gratificante che lavorare in catena di montaggio.
C’è da dire poi che fare questo full time, e solo questo, implica difficoltà sociali: per quanto tu sia aperto resta sempre difficile presentarsi a sconosciuti come fetish producer: si tende sempre a restare sul vago aggirando domande specifiche, ma è una cosa che la gente percepisce.
Ti ringrazio moltissimo per la disponibilità. Chiudiamo con un’anteprima dei tuoi progetti futuri, e… se qualcuno volesse contattarti, come può trovarti?
Uno dei principali progetti a cui sto lavorando è la nuova versione di fetishcustom.com, che ribalterà la logica del sito e forse rivoluzionerà il modo di intendere i custom su scala globale. Ci vorrà un bel po’ di tempo, lavoro e investimenti, pertanto il sito cambierà gradualmente perché l’idea è più grande di me. Chi vivrà vedrà.
Diciamo che produrrò sempre meno, lavorando solo con le persone con cui mi trovo meglio, ma di sicuro mi terrò impegnato. I termini ‘burnout’ e ‘downshifting’ purtroppo esistono anche quando si fa un lavoro totalmente inusuale come questo.
Per contattarmi si può passare su www.fetishcustom.com, oppure trovarmi come fotografo su www.mikamatto.com.
E grazie a te per l’opportunità!