Quando nel settembre 2004 il rotocalco televisivo Lucignolo mandò in onda il primo servizio in Italia a mostrare le immagini di una festa BDSM le reazioni furono esplosive. Da una parte moltissime persone che ancora non usavano Internet furono entusiaste di scoprire l’esistenza di eventi simili e vi si avvicinarono con piacere; dall’altra la ancora acerba scena online urlò allo scandalo montando un caso di cui si parlò e litigò addirittura per anni. L’idea che una troupe fosse entrata a un evento simile veniva descritta come una intollerabile violazione della privacy, un insulto a chi praticasse giochi erotici estremi, una infame operazione pubblicitaria compiuta da mercanti senza scrupoli sulla pelle di vittime innocenti. Il fatto che per molto tempo la puntata non fosse presente negli archivi web della trasmissione esacerbò ulteriormente la situazione: come nel gioco del telefono senza fili, i contenuti venivano sempre più distorti a ogni nuova discussione su siti e forum a tema, finché le leggende urbane raggiunsero livelli terrorizzanti e gli insulti rivolti agli organizzatori dell’evento sempre più violenti. Poiché nemmeno io ero riuscito a visionare il servizio finito, figuriamoci la mia preoccupazione: davvero ero stato corresponsabile di un simile massacro mediatico?
L’operazione era nata in realtà proprio per l’obiettivo opposto. Pochi giorni prima di quel party avevo ricevuto la telefonata di Srgino, un amico e gestore di un piccolo impero del foot fetish che comprendeva siti e addirittura una trasmissione tv su quel tema. «Sta per succedere una catastrofe» mi aveva informato. «Ho saputo che la redazione scandalistica di Italia 1 vuole realizzare un servizio su un gruppo di sciroccati di Firenze che dicono di essere “satanisti sadomaso”, e se va in onda una cosa del genere finirà che anche le persone serie come noi si troveranno sulla gogna mediatica. Io purtroppo non ho molto da mostrargli… ma tu che ne penseresti di farli accedere al tuo Revolution?» Considerata tutta la fatica che era stata fatta nei vent’anni precedenti per sfatare gli stereotipi deleteri che sui media avevano sempre associato l’eros alternativo a violenza, messe nere e malattie mentali, la risposta non poté che essere positiva. Gli altri organizzatori e io sapevamo bene quanto disagio patissero le persone vittime di quei pregiudizi, così ritenemmo le complicazioni connesse alla presenza di una troupe un piccolo prezzo da pagare a fronte dell’obbligo morale di fornire un’immagine positiva della cultura di cui facevamo tutti parte. L’aspetto pubblicitario – che comunque poteva riguardare solo lo sponsor – venne considerato del tutto secondario.
Conoscendo l’approccio sarcastico e attento allo scandalo del programma in questione, tutto lo staff della festa passò parecchie ore a sorvegliare a vista la troupe garantendo che non vi fossero riprese non autorizzate o altri brutti scherzi, ma non ce ne fu bisogno. Gli operatori si comportarono con grande correttezza e vennero inquadrate solo le persone che avevano specificamente richiesto di apparire (molte più di quelle che mi sarei aspettato, in effetti), firmando ovviamente l’apposita liberatoria. Un paio di frasi vennero montate forse in maniera equivocabile, ma nel complesso si trattò di un servizio più che dignitoso. La tanto vituperata pubblicità in compenso fu ben poca cosa: oltre a indicare la località sbagliata come sede dell’evento, la giornalista non citò il nome del locale né quello degli sponsor, mentre quello del party comparve una volta sola. Storpiato. Eppure le critiche avevano raggiunto ormai toni querelabili. In breve tempo venne fuori che il grosso delle voci negative era stato pilotato e alimentato da un paio di siti BDSM – gestiti guarda caso proprio da persone coinvolte nell’organizzazione di eventi o negozi concorrenti – e il resto era stato fatto dall’insicurezza cronica di molti sedicenti appassionati, che sentendosi “minacciati” si erano prestati a fare da cassa di risonanza. Quando andò online la puntata della discordia le acque cominciarono finalmente a calmarsi. Tuttavia ci vollero anni perché il mito delle “feste organizzate per ricattare i partecipanti con video nascosti” si sgonfiasse – complici anche altre organizzazioni che davvero si lasciarono sfuggire paparazzi infiltrati nei loro locali. Oltretutto Lucignolo venne sospeso e i suoi archivi in rete scomparvero un’altra volta – tanto che ancora oggi su qualche forum è possibile trovare chi narri peste e corna di quell’episodio. Per chi dovesse avere ancora dei dubbi, comunque, sono riuscito a ritrovare una vecchia VHS con l’intero servizio. Buona visione.