{"id":1989,"date":"2017-12-06T00:00:00","date_gmt":"2017-12-05T23:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.ayzad.com\/2017\/12\/06\/intervista-lorenzo-gasparrini\/"},"modified":"2017-12-06T00:00:00","modified_gmt":"2017-12-05T23:00:00","slug":"intervista-lorenzo-gasparrini","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/ayzad.com\/it\/intervista-lorenzo-gasparrini\/","title":{"rendered":"Un altro tipo di uomo \u2013 Intervista con Lorenzo Gasparrini"},"content":{"rendered":"

A volte la macchina dell\u2019informazione sembra avere una straordinaria capacit\u00e0 di girare a vuoto. \u00c8 il caso per esempio del fenomeno delle denunce<\/a> di molestie e violenze contro le donne che tiene banco da un mese abbondante sui giornali di tutto il mondo: i casi non smettono di moltiplicarsi, ma i mass media spesso si limitano a riportare la cosa sottolineandone il lato scandalistico. Dopo i primi giorni l\u2019effetto \u00e8 cos\u00ec divenuto pi\u00f9 di noia che di indignazione, bench\u00e9 di aspetti da approfondire ce ne sarebbero parecchi.<\/p>\n

Per quanto mi riguarda, il ragionamento \u00e8 stato semplice. \u00abSe tutto ci\u00f2 dimostra che l\u2019approccio pi\u00f9 comune ai rapporti fra i sessi sia questa schifezza,\u00bb mi sono detto, \u00abio che studio il sesso insolito far\u00f2 bene ad andare in cerca di approcci differenti!\u00bb Cos\u00ec mi sono guardato in giro, ho letto qualche libro e ho pensato di intervistare Lorenzo Gasparrini<\/a> \u2013 un uomo che insegna agli uomini modi diversi di concepire il mondo. Ecco cosa ci siamo detti.<\/p>\n

 <\/p>\n

Ciao, Lorenzo! Cominciamo con una tua presentazione?<\/em><\/p>\n

Sono un filosofo femminista; mi occupo di attivismo tramite incontri e dibattiti su questioni di genere, con un\u2019attenzione particolare alla maschilit\u00e0 e alla violenza maschile. Scrivo libri e articoli, e animo diversi<\/a> blog<\/a>.
Per vivere – non guadagno con nessuna di queste cose! – sono manager di ristorante.<\/p>\n

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Come sei arrivato a occuparti di questioni di genere?<\/em><\/p>\n

In maniera piuttosto casuale. La mia carriera di studente universitario mi ha portato a conoscere testi di femministe, che venivano per\u00f2 ostracizzati dai professori ai quali mi riferivo. Ho toccato con mano il fatto che certi studi sono ostacolati, e da bravo filosofo ho indagato il perch\u00e9 e poi ho provato a seguire quelle indicazioni di trasformazione personale suggerite da molti femminismi. Constatato su me stesso che si trattava di cose molto ben fondate e che in effetti miglioravano parecchio la vita di relazione e la mia visione del mondo scardinando poteri che agivano su di me e che io facevo agire sugli altri intorno a me, mi sono reso conto di aver maturato una preparazione piuttosto difficile da trovare in Italia. Abbandonato l\u2019insegnamento universitario ho riempito il tempo a disposizione scrivendo e incontrando persone e gruppi (nelle scuole, con giornalisti, nei centri sociali\u2026) su quegli argomenti.<\/p>\n

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Dopo aver scritto\u00a0un articolo un po’ critico<\/a>\u00a0sull’approccio femminile alla – giustissima, questo non \u00e8 in discussione – campagna di <\/em>#Quellavoltache, mi sembrava il minimo affrontare la questione anche dal punto di vista maschile. In particolare, mi pare che anche gli uomini abbiano le idee poco chiare su cosa fare di questa patata bollente delle proteste contro le molestie e la violenza di genere… o sbaglio?<\/em><\/p>\n

Coinvolti da appena nati in una educazione sessista, \u00e8 abbastanza ovvio che alla minima assunzione di responsabilit\u00e0 richiesta da chi subisce continuamente sul suo corpo e sulle sue idee la pressione di una maschilit\u00e0 dominante gli uomini si sentano colpevolizzati. Purtroppo proprio la cultura patriarcale tende a nascondere la differenza tra colpa e responsabilit\u00e0, che invece \u00e8 il cuore del problema. Il colpevole di una violenza \u00e8 chi la commette, su questo non c\u2019\u00e8 dubbio. Quello di cui dovrebbero accorgersi per\u00f2 tutti gli uomini non \u00e8 una presunta \u201ccolpevolezza\u201d comune, ma una mancanza di responsabilit\u00e0: se tanti, comunque troppi, uomini eterosessuali si rendono colpevoli di femminicidi, violenze private, minacce e vessazioni psicologiche, allora il problema \u00e8 sociale e non \u00e8 confinabile, ogni volta, a una \u201cpatologia\u201d di un individuo. Questi singoli dipinti sempre in maniera schizofrenica come onesti lavoratori, ottimi vicini di casa, bravi ragazzi che poi uccidono o picchiano, cominciano a essere davvero troppi per credere alla storiella ipocrita del \u201cmalato\u201d, del perverso o del mostro. C\u2019\u00e8 un problema sociale: nella nostra comune educazione a essere maschi abbiamo qualcosa che non va, che non funziona per noi e che \u00e8 opprimente per tutti gli altri generi. Il problema \u00e8 che a furia di sostenere – altra cosa che fa parte di quella educazione al sessismo – che i femminismi sono roba da donne, adesso ci mancano il linguaggio e la preparazione per affrontare questa situazione; il risultato \u00e8 che la maggior parte degli uomini scambia la sacrosanta richiesta di libert\u00e0 e di diritti da parte di donne etero e dell\u2019universo LGBTQI come una sottrazione di diritti per s\u00e9, come una cosa \u201ccontro natura\u201d, come una minaccia personale – delle totali assurdit\u00e0.<\/p>\n

 <\/p>\n

In effetti \u00e8 paradossale che le reazioni pi\u00f9 nette viste finora siano state anche quelle pi\u00f9 discutibili. Penso per esempio al caso di Kevin Spacey, che dopo l’accusa per un episodio di molestie verso un ragazzo trent’anni fa \u00e8 stato ostracizzato su tutti i piani in un batter d’occhio. Non solo\u00a0\u00e8 stata annullata la serie<\/a>\u00a0televisiva di gran successo di cui era protagonista, ma addirittura gli organizzatori di una premiazione si sono affrettati a comunicare che\u00a0revocheranno il premio<\/a>\u00a0che avrebbe dovuto essergli assegnato sulla base matematica degli ascolti rilevati.
Sul fatto che il suo comportamento – su cui comunque non ci sono prove certe – sia stato condannabile non c’\u00e8 dubbio. Tuttavia mi sembra che la pena, che equivale a far finire una carriera, sia sproporzionata specie se confrontata alle vere sentenze criminali emesse dalle corti di giustizia. Faccio peccato se penso che dietro a reazioni simili ci sia un bel po’ di strumentalizzazione, o per lo meno di ipocrisia?<\/em><\/p>\n

Usare l\u2019etica come strumento di lotta politica \u00e8 sempre molto pericoloso, non lo scopriamo certo adesso. Un ente che decide di non dare un premio a Kevin Spacey per le accuse che gli sono state fatte sta lavorando alla propria immagine: non ha certo come interesse la persona molestata da Spacey. Allo stesso modo un mondo economico e politico come Hollywood prova a liberarsi del problema \u201csessismo\u201d espellendo i presunti colpevoli – mostrando cos\u00ec tutta la sua incapacit\u00e0 di gestire un problema sociale enorme. Quella sproporzione di cui parli credo sia proprio il sintomo di questa incapacit\u00e0. Sembrerebbe che vada presa una decisione molto pi\u00f9 difficile e complessa, che ovviamente nessuno vuole prendere: o la bravura nel proprio lavoro va premiata indipendentemente dal proprio comportamento privato (e allora il premio e la carriera che ha Spacey se li merita tutti) oppure decidiamo che \u00e8 il comportamento privato (non fare violenza, non evadere le tasse, non corrompere) a determinare se si pu\u00f2 fare una carriera (e allora chiudiamo tutta Hollywood, per favore?).<\/p>\n

Questa alternativa maschera per\u00f2 ipocritamente il nodo davvero spinoso: il legame tra moralit\u00e0 e potere. La moralit\u00e0 di un\u2019epoca, di un paese, di un ambiente \u00e8 determinata proprio da chi gestisce il potere in quell\u2019epoca, in quel paese, in quell\u2019ambiente. Ecco perch\u00e9 \u00e8 possibile far finire in pochi giorni la carriera di un grandissimo attore. Questo nodo ipocrita e deleterio tanti femminismi lo descrivono da almeno due secoli – ma nessuno li ascolta, e si \u00e8 incapaci di fare le giuste distinzioni tra pubblico e privato, tra morale e potere. Quindi si distruggono le carriere pensando che il problema sia l\u00ec, sia nel famoso attore o nel grande produttore da cacciare via; dando ragione alle assurdit\u00e0 di Mattia Feltri<\/a>, che appunto non distingue nella questione \u201carte\u201d lo spazio pubblico e privato tra i piani del potere da quella della morale, o di Michele Serra<\/a>, che s\u2019inventa un nuovo maccartismo perch\u00e9 non vede che c\u2019\u00e8 un legame tra \u201clo stupro e la proposta sporcacciona\u201d, e quel legame \u00e8 il potere sessista maschile – ma non siamo ancora capaci di metterlo al centro del dibattito. Oppure non ci va…<\/p>\n

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Affannarsi a saltare sul carro dei nuovi egalitari \u00e8 poco elegante. D’altro canto c’\u00e8 anche un altro fenomeno che mi preoccupa: la crescita esponenziale delle denunce in tutti i settori della societ\u00e0, che dopo gli scandali enormi del caso Weinstein stanno cominciando ad assomigliare a una normalizzazione sull’argomento, con reazioni sempre meno indignate. A livello mediatico e sociale, qui non si rischia di ricadere nel paradosso dei telegiornali, per cui casi spettacolari tipo il “delitto di Cogne<\/a>” tengono banco per anni, ma le migliaia di morti quotidiane nei conflitti in giro per il mondo non meritano nemmeno pi\u00f9 un trafiletto?<\/em><\/p>\n

Certo, questo rischio normalizzante esiste ed \u00e8 anche dovuto, per esempio, al fatto che si usa impropriamente il termine \u201cdenuncia\u201d per raccontare l\u2019emersione di un fatto sociale che esiste da tempo immemorabile. Se lo chiamo \u201cdenuncia\u201d lo lego a questioni giuridiche e temporali che non esauriscono affatto l\u2019argomento. Dovremmo chiederci perch\u00e9 quel racconto di violenza che da sempre caratterizza i rapporti di genere non lo abbiamo ascoltato per secoli. Ma di nuovo: dov\u2019\u00e8 la competenza per educare a questo ascolto? In quei femminismi che abbiamo allontanato, ostacolato, nascosto. Nota come nella ressa di opinioni e discussioni che tengono banco sui media non esiste e non \u00e8 documentato il lavoro dei centri antiviolenza, la cui esperienza \u00e8 l\u2019unica che potrebbe servire a spiegare i tanti nodi del problema. Perch\u00e9 una donna non parla per vent\u2019anni e pi\u00f9 di quello che ha subito e subisce? Perch\u00e9 un uomo, di fronte alle violenze commesse, nega e\/o mostra sincero stupore per cose che pensava ovvie e normali? A queste domande il rumore mediatico fa rispondere attori, attrici, psicoesperti vari, ma nessuno che affronti queste cose tutti i giorni a contatto con le persone. Probabilmente la loro risposta non piacerebbe molto. Quindi, come tutti i fenomeni mediatici, anche questo della violenza di genere rischia di passare come fosse una moda, e purtroppo non lo \u00e8 affatto.<\/p>\n

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Visto che di mestiere mi occupo di eros insolito, vorrei sentire la tua opinione su un’altro lato ancora del dibattito sull’eguaglianza di genere. Esiste infatti una frangia di pornografia che ha trasformato il patriarcato dichiarato in un vero feticismo, con uomini e donne che si comportano secondo gli\u00a0stereotipi pi\u00f9 classici<\/a>\u00a0(detti eufemisticamente ‘vita domestica anni ’50’) o secondo un’esasperazione del conflitto di genere. C’\u00e8 pure chi questo approccio lo ricerca traendone soddisfazione erotica. \u00c8 una reazione al cambiamento? Una trasgressione consapevole alle regole sociali? Una riappropriazione? Un modo per disinnescare un pericolo in un ambito piacevole? Una minaccia per la societ\u00e0?\u00a0<\/em><\/p>\n

Io credo che qualunque pratica erotica vissuta consapevolmente sia gi\u00e0 una sana riappropriazione di qualcosa che viene costantemente negato: la gestione dichiarata e consensuale del proprio desiderio. \u00c8 allarmante constatare quanto ancora sia determinante il ruolo educativo della pornografia commerciale nel nostro paese. Ancora migliaia di ragazzi e ragazze scambiano quella finzione per la realt\u00e0 del sesso, o peggio per un modello ideale di come dovrebbe essere il sesso. Senza una reale educazione sessuale e all\u2019erotismo, viene scambiato per sesso proprio quello che non lo \u00e8.
Mi spiego meglio: quello che c\u2019\u00e8 di pi\u00f9 intrigante e coinvolgente nel sesso – la gestione del desiderio reciproco – nella pornografia commerciale non c\u2019\u00e8, \u00e8 gi\u00e0 \u201crisolto\u201d nella rappresentazione. Si vede un uomo che ha risolto il suo rapporto con l\u2019eros schiacciandolo sulla prestazione atletica misurabile in centimetri, colpi di bacino e durata temporale; si vede una donna che ha orgasmi qualsiasi cosa succeda. Tutto \u00e8 gi\u00e0 scritto, detto, scontato, non c\u2019\u00e8 alcuna scoperta di s\u00e9 e dell\u2019altro – per\u00f2 questa \u00e8 la sola risposta che tanti ragazzi e ragazze trovano a disposizione per le loro domande irrisolte. Il risultato \u00e8 – quando va bene – una ancor maggiore insoddisfazione, frustrazione, noia. Tu chiami quello che fai \u201ceros insolito\u201d – purtroppo \u00e8 insolito perch\u00e9 va per la maggiore qualcosa che eros non \u00e8.
Non c\u2019\u00e8 da stupirsi se poi quando cerchi di far capire pi\u00f9 diffusamente l\u2019importanza di una cultura del consenso, della ricerca del piacere reciproco, della conoscenza e del rispetto del desiderio altrui, sembra di fare la rivoluzione. Lo \u00e8, visto come di solito si vivono questi argomenti.
Se i ruoli tradizionalmente patriarcali sono vissuti come un feticismo, mi pare un\u2019ottima cosa. Vuol dire che si \u00e8 in grado di viverli ironicamente, appunto come \u201cmessa in scena\u201d di un desiderio condiviso e non come unica modalit\u00e0 di espressione – coatta e non espressa – di quel desiderio.<\/p>\n

 <\/p>\n

Parlando di semantica e linguaggi, una cosa che non mi ha mai convinto moltissimo di una buona parte del mondo dell’attivismo \u00e8 l’insistenza su formalismi tipo gli asterischi come desinenza neutra delle parole o su certe formule. Anche se viene fatto in buona fede, si tratta di una barriera in pi\u00f9 fra idee ottime e il pubblico che dovrebbe ascoltarle – e anche in questa occasione vedo che la fase di denuncia online \u00e8 molto chiara, ma le peraltro poche proposte per fare qualcosa per cambiare la situazione tendono a perdersi subito in un gergo da collettivo anni ’70. Pi\u00f9 in generale, l’approccio usato finora nella lotta per l’uguaglianza di genere \u00e8 ancora valido o credi che vada adeguato ai tempi e alla situazione attuale? E come?<\/em><\/p>\n

Le scelte e le proposte linguistiche, siano esse formali o semantiche, rimangono senza senso se non sono portate avanti per significare un\u2019esperienza, una presenza, una soggettivit\u00e0 che si deve esprimere. La nostra lingua usa il maschile anche per rivolgersi a entrambi i generi, e questo \u00e8 un grosso problema di identificazione e di rappresentazione perch\u00e9 ci abitua a pensare che il maschile \u201cincluda\u201d tutti i generi paritariamente – e nella realt\u00e0 questo non accade quasi mai.
Proporre un nuovo codice \u00e8 sempre un\u2019operazione che suona fastidiosa e non necessaria, perch\u00e9 proprio per il suo carattere di novit\u00e0 sembra voler andare contro quella economia del linguaggio che governa le espressioni linguistiche. Per\u00f2 se la richiesta \u00e8 quella di un maggiore riconoscimento delle diversit\u00e0 anche nella lingua, questa richiesta non pu\u00f2 essere accantonata facilmente. Non si pu\u00f2 nascondere n\u00e9 che non vedersi nominati correttamente (pensa alle persone transgender) sia una forma di violenza, n\u00e9 che non si scardiner\u00e0 mai la gerarchia patriarcale se non si comincia col nominare correttamente le protagoniste della vita sociale (avvocate, architette, sindache\u2026) che dovrebbero equilibrare quella gerarchia. Non si tratta di vuoti formalismi se queste modifiche linguistiche vogliono ratificare un diritto di esprimersi, di nominarsi, di esprimere identit\u00e0 altrimenti taciute o indistinte.
La difficolt\u00e0 sta nel far accettare queste novit\u00e0 dai parlanti, e in questo i media hanno un ruolo fondamentale perch\u00e9 nessuna forzatura \u201cdall\u2019alto\u201d pu\u00f2 avere successo nel breve periodo se non \u00e8 diffusa per molto tempo e costantemente. Io credo che per quanto non tutti destinati ad avere successo e a rimanere a lungo nel linguaggio, tutte queste proposte hanno il pregio di causare spesso fraintendimenti che sono anch\u2019essi uno strumento per una migliore comprensione. Si \u00e8 comunque costretti a interrogarsi sulle forme pi\u00f9 consuete di comunicazione, e forse cis i accorge di come nel linguaggio siano depositate e usate correntemente molte forme di violenza di genere.<\/p>\n

 <\/p>\n

Tornando a noi, mi tocca farti la domanda pi\u00f9 difficile di tutte: un uomo che voglia contribuire all’eguaglianza di genere, oggi cosa dovrebbe fare nel concreto?<\/em><\/p>\n

Credo che un uomo che voglia lavorare alla parit\u00e0 tra i generi dovrebbe interrogarsi senza paura sui condizionamenti che il suo genere ha assunto come \u201cnormalit\u00e0\u201d e che invece sono scelte culturali che vanno non solo a scapito di altri generi, ma anche del proprio, di se stesso. Cambiare linguaggio e abitudini fa succedere intorno a s\u00e9, nelle proprie relazioni, cose inaspettate e insospettabili perch\u00e9 quando cominci a minare la base di potere dietro i rapporti tra le persone – e dietro l\u2019identit\u00e0 che ti sei costruito per anni – possono manifestarsi sia grandi disagi sia grandi serenit\u00e0. Per\u00f2 si acquista la libert\u00e0 di vivere senza paura e senza ipocrisia i propri desideri, sentimenti, relazioni.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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