Chiamare questo testo “poesia” mi fa venire da ridere. Tuttavia anche a distanza di anni, come esercizio ritmico fa la sua discreta figura…
Curioso. Negli ultimi giorni ho “incontrato” per email e in chat diverse persone – anche interessanti, anche intelligenti – che condividono la stessa idea. Alcune lo esprimono più direttamente, altre con i fatti, ma la morale è identica: «No, non vengo a incontrarvi perché queste cose mi piacciono ma tutto sommato è meglio virtualmente».
Boh.
Poi mi è tornata in mente una cosa che avevo scritto tanti anni fa, in tutta un’altra occasione, per tutto un altro tipo di persona. Eccola qua: chissà se a qualcuno serve, o fa piacere.
«Tu vuoi i messaggi.
Di notte,
un po’ a sorpresa e un po’ sapendo
che intanto sono lì,
che prima o poi arrivano
per fare compagnia e farsi restituire
– al mittente,
con qualche complimento ed un commento che è un invito e una promessa
a ritrovarsi un’altra volta, un’altra notte a raccontare
e raccontarsi,
magari anche a capire
com’è che certe cose
diventano più facili così.
Il monitor non è che l’abbiano chiamato ‘schermo’ a caso.
È qui che le parole risplendono perfette,
la voce è sempre salda,
gli sguardi penetranti.
Puoi scrivere poesie senza sentirti scemo,
parlare di emozioni che nella vita vera
non hanno mica posto
mostrando tutto ciò che
piano
piano
– giorno dopo giorno –
ti stai dimenticando.
Nel buio della notte, alla luce di un aggeggio
di plastica e metallo,
torniamo un po’ più umani
ma senza quei difetti e tutte le paure
con cui ci complichiamo la vita
e le passioni.
Allora la tastiera diventa la sua anima, mistero da raggiungere e scoprire poco a poco.
Ogni parola è un fremito, ogni battuta un passo
di tango o di corrida
che una volta fatto non puoi tornare indietro.
Le virgole,
sorrisi e poi carezze che impercettibilmente
la sfiorano più in là
di quanto non dovresti.
Gli spazi,
tutti attimi per farla più vicina.
Ed ecco che le frasi vi stringono più forte;
adesso cavalcate su ritmi più spezzati, adesso ritrovate il sapore della vita.
Da soli,
nella notte,
l’unione delle menti può essere più forte
di tanti incontri veri.
Coll’alba,
troppa luce ed il postino ed il lavoro e le bollette e tutto il resto
faranno riapparire
le occhiaie e i balbettii,
così ci chiederemo
cos’era quel bel sogno già scordato,
dov’è quella persona,
perché non la incontriamo.
Con un giorno di meno,
sapendo la risposta,
in mezzo ad altri schermi,
faremo forse finta di avere altro da fare.
O forse no.»
E poi, quasi trent’anni dopo, un lettore mi ha chiesto di interpretarla. Ecco la sua creazione.