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Come ridere in faccia a Christian Grey e godersi davvero una relazione BDSM

Negli ultimi giorni sono rimasto abbastanza stupito da una reazione frequente al mio ultimo libro. I love BDSM è una guida per chi voglia vivere un rapporto di eros estremo sano e ragionevole. L’aspetto che però colpisce più spesso lettori e recensori è la grande differenza fra le relazioni che descrive e le “normali” rappresentazioni dei giochi erotici di dominazione e sottomissione – come dire quelle che compaiono in 50 sfumature di grigio e nella pornografia.
Alla fine mi sono reso conto del privilegio di cui godo. Più di un quarto di secolo di esperienza diretta di questo particolare stile di vita mi ha permesso infatti di lasciare alle spalle le tante sciocchezze che siti, libri e media vari spacciano sul “vero BDSM”; chi tuttavia non conosce bene la realtà della cosiddetta Scena può facilmente prendere per buoni i suoi miti e le sue leggende. Anzi, a dirla tutta è probabile che cerchi addirittura di seguirli alla lettera – rimediando di solito solo grosse delusioni.

Tutto ciò mi ha fatto tornare in mente un incontro molto interessante che ho avuto qualche mese fa alla BDSM Conference di Roma. Come leggerete, mi ha fatto conoscere una interpretazione ancora diversa dei rapporti di dominazione: insolita, sincera e molto concreta. Così mi sono messo in contatto con Stefanos e Shay, la splendida coppia che l’aveva presentata, e abbiamo chiacchierato di pregiudizi erotici, stili di vita estremi e molto altro. Ecco cosa ci siamo detti.

 

Ayzad – Ciao e grazie della disponibilità. Prima di cominciare vi andrebbe di presentarvi brevemente ai lettori?

S & S – Grazie a te per la chiacchierata! Siamo Stefanos e Shay, di San Francisco in California. Giriamo il mondo per insegnare cos’è il BDSM e siamo una coppia non convenzionale composta da Dominante e sottomessa. Stefanos è a capo del dungeon di Bondage-a-Go-Go, presidente della BGG Association che gestisce appunto Bondage-a-Go-Go, nonché produttore/ospite di The Upper Floor su Kink.com. Shay è una infermiera di pronto soccorso, direttrice della programmazione di parecchi locali ed eventi, e l’autrice del sito web Remedialropes.com, dedicato alla sicurezza nel bondage. Inoltre siamo i vincitori del premio International Power Exchange 2014.

 

A – Vi rivelerò un segreto: all’apertura della BDSM Conference di Roma dove ci siamo incontrati, parecchi partecipanti avevano espresso scetticismo per il vostro titolo di coppia International Power Exchange dell’anno, anche perché la cultura delle competizioni leather in Italia è sconosciuta. Ricordo per esempio che la mia accompagnatrice lo aveva interpretato come «Quindi sono i più convinti di tutti a recitare il teatrino dei personaggi sadomaso?»
Quando poi le vostre lezioni hanno dimostrato l’esatto contrario un bel po’ di quelle stesse persone sono rimaste scioccate sia dal vostro approccio molto concreto, sia dall’intensità che si percepisce nel vostro rapporto. Quel che avete mostrato è una relazione molto bella, nettamente separata dai cliché associati al BDSM – perfino fra chi lo pratica. Vi capita spesso di incontrare questo tipo di reazioni? O, in altre parole: quanto pensate che gli appassionati di eros estremo siano ostaggi dei suoi stessi stereotipi?

Shay – Grazie per avercelo detto – adoriamo sentire di queste reazioni iniziali, e siamo felici di aver potuto dimostrare di essere diversi da quelli che ci si aspettasse! Siamo grati che ci abbiate dato questa possibilità! Abbiamo deciso di puntare a quel titolo proprio per stravolgere gli stereotipi da “fanatici con un palo in culo” che spesso accompagnano i giochi di Dominazione e sottomissione in generale, soprattutto nell’ambiente dei contest e delle dinamiche Padrone/schiavo. Pensiamo che chi ha queste passioni sia spesso ostaggio delle aspettative e degli stereotipi che internalizziamo sul modo “giusto” di condurre una relazione nella comunità BDSM. Una grossa parte del nostro impegno in questo anno in cui siamo titolari della carica di IPE è proprio diffondere il messaggio che non ci si debba forzare dentro caselle precostituite – incoraggiamo le persone a crearsi definizioni tutte loro.

Stefanos – Quando siamo scesi dall’aereo eravamo profondamente preoccupati dall’indossare le mostrine dell’IPE 2014. Ci chiedevamo che figura da americani avremmo fatto esibendo un titolo che contiene nel nome la parola ‘internazionale’ ma di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Ci sentivamo come le squadre di baseball statunitensi, che giocano nella cosiddetta World series benché sia composta in realtà solo da team americani e canadesi che si affrontano in uno sport praticato quasi unicamente negli USA.
Scoprire che ci fosse scetticismo è un bene. Dimostra una volta di più che chi fa BDSM è gente che usa il cervello, e che come tutti tende a giudicare chi ha attorno. Anche la nostra comunità segue convenzioni che ci imprigionano un po’ tutti nei ruoli definiti da ciò che facciamo con corde, fruste e cose del genere. Gli esseri umani giudicano tutto secondo i propri parametri personali per inquadrare azioni e oggetti, così quando non ci troviamo allineati con ciò che vediamo abbiamo l’abitudine di sparare giudizi negativi.
Negli Stati Uniti, dove questo titolo è ancora una novità, ci chiedono spesso cosa significhi e che scopo abbia. La gente si sorprende quando scopre che il suo senso è infrangere gli stereotipi sui giochi di potere e la percezione di come sia fatta una “vera” relazione. Noi due non siamo mai stati facili da incasellare, ma non siamo affatto diversi dal resto della comunità di chi pratica BDSM. In fondo nessuno è fatto con lo stampino, né si può definire con due parole. Durante i nostri viaggi e lezioni Shay e io ce ne siamo resi conto molto in fretta, così lo abbiamo accettato e abbiamo cominciato a condividere con tutti la nostra idea che il BDSM non sia fatto solo di “interazioni serie” e di “rigidi protocolli”. In effetti, quelli sono solo due aspetti del divertimento e mi fa piacere che il nostro modo di porci e le presentazioni che abbiamo tenuto siano riusciti a trasmetterlo.

 

A – Una parte molto interessante della vostra presentazione è stata quando avete candidamente ammesso che cercare di conformarvi al classico stile di vita da padrone e schiava descritto da infiniti racconti avesse tolto ogni divertimento dalla vostra relazione, al punto da farvi pensare di «avere fallito nel fare BDSM» finché non vi siete inventati dei protocolli di comportamento tutti vostri. Vi andrebbe di approfondire l’argomento?

stefanosshay2Shay – Questo è un messaggio molto importante del nostro seminario sullo scambio di potere, ed è un gran sollievo essere riusciti a trasmetterlo! La maggior parte di noi ha letto i classici racconti su Master e slave e ci si è masturbata su. In effetti per quel tipo di attività sono materiale ottimo. Peccato che siano più “favole” che “guide pratiche”, così cercare di adeguare se stessi e il proprio partner a ruoli di fantasia conduce a molte frustrazioni e delusioni. Quando abbiamo cominciato il nostro viaggio nel mondo dell’eros estremo è capitato anche a noi – pensavamo che Stefanos dovesse incarnare il Masterone onnisciente e invulnerabile, mentre io dovessi essere la schiava umile e obbediente. Ci abbiamo messo poco a capire che recitare questi ruoli, fare le cose nel “modo giusto”, ci faceva solo sentire soli e tristi. Inoltre io aborro quei tipici lavori da schiava tipo cucinare e stirare (e sono pessima a farli!): Stefanos se la cava molto meglio, e ci si diverte pure! Dopo esserci massacrati per essere Padrone e schiava abbiamo finalmente rinunciato, e per diversi anni non abbiamo avuto alcuna dinamica precisa di scambio di potere, benché continuassimo a fare parte della comunità degli appassionati insegnando e facendo volontariato. Sono stata io a rendermi conto che in effetti stavamo vivendo un rapporto di scambio di potere – solo che invece di basarsi su ideali e fantasie si era sviluppato organicamente. Pensiamo che il punto del cosiddetto ‘power exchange’ stia nel significato che si dà a quel che fai, non nelle azioni in sé. Lasciare che i protocolli si sviluppino da sé è la cosa migliore per la relazione, perché più le regole ti allontanano dalla tua natura, meno autentico e sostenibile diviene il rapporto. Molti nostri protocolli derivano dall’avere osservato ciò che già stavamo facendo e avere arricchito questi comportamenti di un livello aggiuntivo di significato e forma.

 

A – Alla fine di questo processo avete distillato una serie di regole di comportamento che vi permettono di giocare con molta serietà, ma anche di essere voi stessi nel corso della giornata. Potreste descrivere come ci siete arrivati, magari facendo qualche esempio?

Shay – Abbiamo lavorato molto sullo stabilire diversi livelli di protocollo, che consideriamo un modo per introdurre elementi di quelle fantasie di dominazione stereotipate (ed eccitanti!) nella relazione senza la controindicazione di doverla mantenere a tempo pieno. In termini concreti, ciò significa che abbiamo un livello di protocollo quotidiano che consiste sostanzialmente nel reinquadrare e formalizzare compiti e atteggiamenti che erano già componenti naturali della nostra relazione. Protocolli insomma che si sono sviluppati a partire dalle nostre preferenze e abilità personali. Per esempio: io sono bravissima a gestire gli aspetti finanziari – nel senso che tendo a essere frugale e molto bene organizzata. Di conseguenza abbiamo reso la gestione economica famigliare uno dei miei compiti da sottomessa. Questo è anche un esempio di ciò che intendiamo per ‘reinquadrare’: una cosa come la gestione dei soldi potrebbe essere vista come un compito tipicamente da Dominante, visto che si controllano le finanze! Nella relazione di qualcun altro potrà essere senz’altro così, ma per noi il controllo del budget è un servizio che fornisco al mio Padrone.
Questo è un livello di protocollo quotidiano. Sia lui che io possiamo richiedere un livello superiore – spesso lo facciamo utilizzando un titolo formale. Di norma ci riferiamo l’una all’altro usando i nostri nomi propri, quindi se io dico ‘Maestro’ o Stefanos mi chiama ‘girasole’ (un nomignolo nato dal fatto che tutto ciò che faccio è orientato verso di lui), si tratta di un segnale di richiesta di una dinamica più formale. Tale richiesta può essere accettata o rifiutata da entrambi – anche questo di solito semplicemente tramite l’impiego di un titolo. Quando ci troviamo su un livello di protocollo superiore, i comportamenti cambiano: Stefanos assume un ruolo più attivo da regista, e io faccio molta più attenzione a dove mi trovo nello spazio rispetto a lui, perché una nostra regola formale è che gli stia abbastanza vicino da poter sempre essere toccata, tranne quando sto eseguendo compiti che me lo impediscono. Ci sono molte regole simili a questa, specifiche per i diversi livelli di protocollo nell’ambito del nostro rapporto.

Stefanos – È importante tenere a mente ciò che troviamo eccitante e che ci tiene connessi, per inserire questi elementi nei propri protocolli insieme ad altre regole più legate ad aspetti pratici per la vita quotidiana. Ciò esalterà i rispettivi ruoli e darà un miglior senso di chi fa cosa, e per quale ragione. Gli stereotipi tradizionali e storici delle famiglie occidentali possono dare un’importanza irragionevole all’assegnare i lavori domestici al partner più sottomesso, così fa un effetto strano vedere un dominante che serve il caffè e cucina i pasti. Tuttavia se si inquadra correttamente la cosa si scopre magari che il dominante sta alimentando il sottomesso per dargli la possibilità di svolgere una giornata di servizio, soddisfacendo al tempo stesso il proprio desiderio di organizzare la giornata e dimostrare affetto. Inoltre le tradizionali fantasie BDSM tendono a escludere l’amore dal rapporto: Shay e io viviamo invece una lunga relazione con profonde connessioni emotive e amore l’uno per l’altra. Di conseguenza incorporare l’amore reciproco nei protocolli e nei rituali della relazione secondo noi è una vera e propria necessità. Per esempio imporre un collare spesso viene visto come il gesto che stabilisce una dinamica di potere: è un atto che evoca un senso di controllo nel dominante e di resa nel sottomesso. In quel momento potere e resa possono essere visti come privi di emozioni a causa della nostra educazione sociale e politica sul significato sociale del potere. Rispetto a questo immaginario, quando metto un collare a Shay non è che dimentichi il mio amore per lei. Lo esprimo toccandola dolcemente, guardandola negli occhi con sincerità anziché severità, e pronunciando una frase che esprime il nostro amore: «Benvenuta a casa, mio girasole». Non solo: siccome Shay è la mia compagna oltre che essermi sottomessa, non mi riferisco mai alla nostra relazione, ai protocolli o rituali come ‘miei’. Sarebbe come escluderla e negare la partecipazione condivisa in questa dinamica di dominazione e sottomissione erotica.

 

A – Il concetto di semplificare le cose è ricomparso in un’altra vostra presentazione davvero esilarante, nella quale avete fatto rizzare i capelli in testa ai puristi del bondage mostrando legature molto semplici e pratiche che utilizzavano oggetti quotidiani – con cui avete creato situazioni più rapide e comunque ben più divertenti dei classici lavori con le corde. Con tutto il dovuto rispetto per l’ortodossia del bondage superserio, questa spontaneità ha entusiasmato tutti.
Tirando le somme sembra che, una volta fatti propri gli aspetti tecnici e di sicurezza di questi giochi, più ci si allontana dalla loro forma tradizionale, più diventano divertenti. Per quella che è la mia esperienza tuttavia questo tipo di creatività non è molto diffusa né ben vista sulla scena BDSM. Voi che ne pensate?

problemi di bondageStefanos – Per Shay e me la creatività in ogni campo del BDSM è un concetto chiave. Per via della sua stessa natura, l’ambiente delle sessualità alternative è pieno di ribelli. A volte ci ribelliamo alle norme sociali addirittura solo per principio, pertanto è scioccante vedere che una comunità fondata sull’accettazione delle diversità emetta giudizi proprio su chi mette in discussione le convenzioni immaginarie su temi come il bondage o il modo di relazionarsi.
Una volta fra chi praticava BDSM il bondage non era altro che un modo per esplorare la costrizione e la perdita di controllo. Da quando lo stile giapponese si è intromesso nell’immaginario occidentale, il desiderio di aderire alle tradizioni ci ha spinti verso una “forma ideale” dell’uso delle corde. Anche fra i ribelli è istintivo raggrupparsi in tribù e adottare una “via” per fare le cose – è qualcosa che alimenta il senso di comunità. Per essere parti di un gruppo abbiamo bisogno di sistemi e regole. Tuttavia conquistare una propria identità passa anche dall’aggiungere a queste regole intenzioni ed energie personali che le rendono proprie.
Molte tecniche di bondage nell’antichità venivano usate come torture o esecuzioni capitali, non certo come tecniche erotiche, quindi deviarne è una necessità. Il punto in cui ci siamo allontanati dalla tribù è solo un’intersezione da cui è spuntata una nuova tribù che dà valore alla sicurezza e alla creatività tecnica. Per fare un esempio, secondo i nostri standard il takate kote non è una tecnica sicura, quindi non la usiamo. Visto però che il TK è una tecnica essenziale del bondage in stile giapponese è stato necessario trovare nuovi modi e nuovi materiali con cui realizzarla, che ci hanno portato oltre l’uso di corde in fibra naturale che peraltro usiamo per altre legature.
Non utilizzare corde costituisce una sfida, perché a quel punto non puoi eseguire gli stessi passaggi dettati dalle convenzioni. Per ottenere una costrizione efficace serve allora essere creativi, anche perché quel che abbiamo in casa noi non sono gli stessi oggetti che puoi avere a portata di mano tu, e la spontaneità deve tenere conto del potenziale fallimento. È un’esperienza molto liberatoria in cui il problem solving e la possibilità di non raggiungere l’obiettivo invitano rispettivamente nuove soluzioni e risate. In breve, i “puristi del bondage” scelgono di costringersi all’interno di una tradizione che percepiscono come ottimale perché è connessa a tradizioni secolari e veniva davvero usata per confinare le persone.
Alcuni hanno paura di cambiare, specie se si trovano in posizioni di autorità. Osservare nuovi impieghi di conoscenze tradizionali (di bondage, dominazione, impact play, ecc.) mette in pericolo lo status quo. Questa è una minaccia per tutti gli esseri umani, ribelli compresi, che quindi viene sminuita dalla tribù dominante i cui usi vengono minati alla base. Ciò crea una intersezione di scelte – una occasione di soddisfare le proprie aspirazioni. Intersezioni come queste non sono altro che aperture che consentono a nuove persone di avvicinarsi senza doversi scontrare con le restrizioni imposte dai guardiani della “altra” tribù.

 

A – Per quanto mi riguarda il momento più interessante di tutta la conferenza è stata la vostra descrizione di un ulteriore stravolgimento delle presunte fondamenta del BDSM, ossia la vostra idea di “punizione”. Avete trasformato un’azione fondamentalmente repressiva in un’espressione intensissima e commovente di vero amore. Potete parlarcene, e raccontare come ci siete arrivati?

Shay – Wow, la risposta a questa domanda potrebbe riempire un intero articolo, da tanto è ampia! Penso che un errore comune nei rapporti di dominazione (e nei rapporti in generale) sia che non offrono un modo efficace per comunicare né le scuse, né il perdono! Ciò può condurre a un crescendo di risentimenti che alla fine fa crollare tutta la dinamica. Nel nostro scambio di potere affrontiamo la cosa in diversi modi, ma la versione più formale è la “posizione di scusa”. In questa posizione mi sdraio prona a terra, a gambe unite e con le braccia a un angolo di 90° rispetto al corpo, con la fronte sul pavimento. Si dice spesso che non serve ascoltare delle scuse ma sentirle, da entrambe le parti – e nel corso degli anni questa posizione per noi ha acquisito una grande forza emotiva. Dalla mia prospettiva trovo impossibile provare distacco quando mi trovo faccia a terra davanti a Stefanos. Mi porta dritta in uno spazio emotivo e contemplativo in cui mi chiedo: «come posso fare in modo che questo non accada mai più?» A quel punto non è nemmeno più una questione di dare la colpa a qualcuno, perché si tratta di un gesto che rende entrambi emotivamente vulnerabili.

Stefanos – Aggiungo una cosa alla sintesi di Shay: la posizione mi priva non solo di lei, ma del nostro rapporto. L’unica cosa che vedo sono le scuse e le uniche cose che provo sono la mancanza di lei e l’importanza del momento. Voglio che finisca presto per consentirci di superarlo, e ciò mi incoraggia a perdonare qualsiasi azione sgradita.

Fireplay BDSM

A – D’altra parte vi siete conquistati anche la risata più forte dell’evento quando avete dimostrato come un’ingenua sottomessa con troppa immaginazione possa equivocare persino la sessione di gioco più incompetente del mondo e interpretarla come «un’esperienza perfetta, proprio come in 50 sfumature di grigio». Il tema comune sembra essere la forte influenza che hanno le aspettative sulla nostre percezione – e a conti fatti sul nostro godimento – dell’eros estremo. Parlando in termini generali, pensate che queste aspettative si stiano evolvendo? E come? Già che ci siamo, ditemi anche come vorreste che cambiassero in futuro.

Shay – La comunità BDSM continua a diventare sempre più vasta e più accessibile. Questa tendenza naturalmente è favorita soprattutto da Internet, ma vi contribuiscono anche tante influenze dalla cultura popolare, tipo 50 sfumature (benché sia importante ricordare che il fetish nella cultura pop non è una novità: basti pensare a Madonna negli anni ’80 e a film come Nove settimane e mezza per rendersene conto). Vedere questa maggiore consapevolezza e accettazione delle sessualità alternative è stupefacente, così come lo è vedere nuove persone che le scoprono, o che si sentono finalmente libere di esprimere questa loro parte!
Sapere che la “barriera d’ingresso” al mondo del BDSM e all’essere chiamato Master Taldeitali è a tutti gli effetti inesistente è al tempo stesso esaltante e terrorizzante. Ciò contribuisce all’importanza della divulgazione, specie per i sottomessi – tanti immaginano che chiunque si fa chiamare ‘Master’ o ‘Mistress’ sappia di cosa sta parlando, e che il ruolo sottomesso comporti non metterli in discussione né far valere i propri diritti perché “fa brutto”. Spero che il futuro la consapevolezza dei diritti dei sottomessi continui a diffondersi. Quando si entra in questa comunità non importa se mi presento come ‘Gran Padronissima Dragodifuoco Dodicesima, Supersovrana Divina” o se ti fai chiamare “infimo schiavo cazzobuffo” – la realtà è che siamo sullo stesso piano e ci dovremmo trattare di conseguenza, almeno finché non concordiamo altro!

Stefanos – Aggiungerei solo che qualsiasi relazione, lunga o breve che sia, è una “parità di aspettative”. Senza aspettative chiare e un metodo di comunicarle semplicemente, tutti i rapporti sia personali che di comunità sono destinati a fallire.

 

A – Grazie ancora per la chiacchierata. A proposito: avete già in programma nuovi workshop in Italia?

S & S – Per adesso non c’è niente di definito, ma alla conferenza di Roma ci siamo divertiti un sacco e speriamo di potervi tornare presto!

 

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