«Maestro, qual è il segreto dell’universo?»
Il saggio incartapecorito resta qualche istante in ispirato silenzio a osservare la planata di una cutrettola sul giardino zen, poi sussurra: «Quando si ha fame è meglio mangiare».
Le grandi verità sono roba così, che suona come un’ovvietà vergognosa. Poi, a guardare bene, si scopre che la meditazione dietro quelle parole semplici apre significati e ragionamenti molto più complessi. Tipo «sii te stesso», che abbiamo sentito in diciottomila film Disney ma in genere si capisce cosa volesse davvero dire solo intorno ai quarant’anni, perché nessuno si era preso la briga di circostanziare meglio la questione.
Io una di queste illuminazioni l’ho avuta qualche giorno fa. Stavo tenendo una lezione online su come eventi a prima vista assurdi – tipo la mania per le spogliarelliste nelle torte, o l’epidemia di pungitori di chiappe del 1819 – possano rivelarci verità affascinanti sulla natura umana. In particolare avevo appena finito di raccontare i dettagli del quinto esempio quando… bam! Tutti i tasselli raccolti in tre decenni sono andati al loro posto, e ho capito da dove vengano moltissimi problemi di chi coltiva sessualità insolite, ma soprattutto come risolverli.
Spoiler: a prima vista sembra una banalità. Per me tuttavia si è trattato di una sorpresa simile a quando ho realizzato che il BDSM fosse l’arte di rendersi vulnerabili – alla faccia di tutte le definizioni da manuale. E poiché i guru non li sopporto, ho pensato fosse il caso non solo di condividerla, ma spiegare anche quali ragionamenti ci siano dietro. Fatemi sapere se vi sembra abbia senso.
Nelle puntate precedenti
Studio le sessualità alternative – i kink, per dirla più alla moda – grossomodo da 35 anni. Sono sempre state una grande passione, cui mi sono avvicinato per la curiosità di capire cosa fosse quella roba strana che mi sentivo dentro e che mi hanno poi catturato in un percorso piuttosto logico. Dopo il primo «di cosa si tratta?» sono infatti spuntate parecchie domande in ordine di urgenza.
«In cosa consistono, di preciso?» mi ha portato ad accumulare un sacco di nozioni tecniche.
«Ma come funzionano?» ha aperto la porta sugli aspetti scientifici e a scoprire contatti stupefacenti fra discipline molto diverse fra loro.
«E cosa significano?» ha scoperchiato il vaso di Pandora delle considerazioni sui rapporti fra sesso e società.
«Quindi a cosa servono?» è una questione ancora aperta – come le altre, a essere sinceri – che mi ha portato all’incrocio fra psicologia e filosofia.
Insomma, ho fatto un bel pezzo di un percorso che ha tutta l’aria di essere infinito… e la passione non è mai calata. Anzi: più studio, più mi convinco che vivere consapevolmente e serenamente le proprie fantasie erotiche sia uno dei modi migliori per stare bene. Qui però, a essere onesti, bisogna farsi un’altra domanda. «Allora perché le persone con gusti sessuali fuori dalla norma sono spesso infelici, o per lo meno problematiche?»
Purtroppo non si tratta di un’impressione passeggera. Ricordo perfettamente l’amica che, guardandosi attorno a uno dei primi munch BDSM italiani all’inizio degli anni Novanta, mi prese da parte per commentare: «cavoli, mi sembra di essere finita nel bar dei mostri alieni di Guerre stellari!».
Ho ben presente anche l’articolo che scrissi una ventina d’anni dopo, in cui criticavo l’eccesso di accoglienza della cosiddetta ‘comunità’, che in nome della tolleranza ancora pullulava – soffrendone a morte – di personaggi inaccettabili in qualsiasi altro contesto.
Più avanti mi sono poi convinto che l’interesse per i giochi erotici di dominazione sia spesso un modo fra i tanti per risolvere piccoli traumi e soprattutto per riappropriarsi del controllo sulla propria vita; ancora più recentemente la maturità e una maggior consapevolezza delle neurodivergenze in ambito kinky hanno ammorbidito ulteriormente la mia visione.
Benché la situazione stia gradatamente cambiando per il meglio, sono quindi più di tre decenni che vedo i segnali di qualcosa che in moltissimi casi non va come dovrebbe – al punto da essermi inventato il mestiere di kink coach per aiutare chi voglia superare un disagio legato ai propri gusti privati.
Tutta colpa della sensibilità
Ho l’impressione che la chiave di tutto sia la sensibilità, o meglio: una sensibilità superiore alla media, nel bene e nel male. È quell’attenzione che, rivolta all’interno di sé stessə, fa percepire istinti, sensazioni e dubbi con una chiarezza talmente netta da rendere impossibile ignorarli.
La maggior parte della gente per cose del genere prova al massimo un piccolo fastidio e torna subito a ripensare alle mille distrazioni quotidiane; certe persone tuttavia rimangono ossessionate. Allora scavano, ragionano e si arrovellano fino a scoprire che la vita offre stimoli ben più vari di quanto si pensi di solito. Qualcuno a quel punto si dà alla poesia, e qualcun altro trova nuovi piaceri più concreti, in barba alle convenzioni.
La sensibilità però funziona anche verso l’esterno, e rende particolarmente nocivi i tanti giudizi di chi ci circonda. Magari non è nemmeno colpa loro, ma l’abitudine a credere nei dogmi sociali li rende feroci senza che neanche se ne rendano conto.
Sono amici che sghignazzano dietro a chi è diversə, amori che inorridiscono davanti a una proposta insolita, famiglie e datori di lavoro con i quali conviene nascondere la propria natura per non subire brutte conseguenze, istituzioni pronte a bollare come ‘inutile rischio’ e respingere ogni tratto “inappropriato” pure se non le riguarda.
Sia come sia, è quella sensibilità che ti frega e ti fa sospettare di essere forse davvero un mostro. La definizione di ‘portentoso, eccezionale’ che ne dà il dizionario è esaltante – eppure resta il fatto che ai mostri si dà la caccia, o nella migliore delle ipotesi li si sbatte sul palco nel circo dei freak.
Non è una posizione facile. Da una parte dubbi esistenziali, dall’altra il giudizio spietato di una società sicuramente sempre più progressista, ma altrettanto sicuramente ancora fondata sull’omologazione, sull’approvazione della performance, su un “successo” che esclude per definizione chi non vuole seguire le regole o non riesce a farlo.
Naturale allora cercare qualcosa di più confortevole, o per lo meno confortante.
Tanti mostri come noi
Il momento in cui si realizza che le proprie fantasie erotiche esistono anche al di fuori delle finzioni della pornografia, che persone vere – persone come noi – le vivono davvero e quindi “c’è speranza” anche per noi è sempre sconvolgente, qualunque siano le proprie inclinazioni. Figurarsi allora quando si scopre l’esistenza di intere sottoculture kinky in cui ciò che pensavamo non piacesse a nessun altro è stato già studiato e sistematizzato da tempo, con tanto di comode etichette nelle quali identificarsi.
All’improvviso non si è più ‘quellə stranə’, ma membri di una tribù eletta, con il suo gergo iniziatico, i suoi segni di riconoscimento e soprattutto con occasioni di ritrovo virtuali e reali dove poter esprimere liberamente la propria natura. E non solo: in quegli stessi spazi c’è finalmente l’opportunità di trovare partner con cui concretizzare tanti sogni proibiti!
Tutto risolto, quindi? Mica tanto.
In effetti, gran parte dei problemi delle sessualità alternative nasce proprio da qui: da chi vede solo la punta del proverbiale iceberg ignorando l’enormità delle fondamenta che lo sostengono. Esaustə per le frustrazioni incontrate fino a quel momento, semplicemente inconsapevoli o in cattiva fede, hanno altro per le scatole di continuare a cercare risposte, e pur avendo la felicità a portata di mano rimangono tristemente insoddisfattə.
Sono gli individui sgradevoli che abbiamo incontrato tuttə e che ammorbano l’ambiente comportandosi come se tutto fosse loro dovuto; sono sex worker incompetenti e predatori; sono coloro che invece di approfittare delle infinite risorse di approfondimento disponibili ostentano una compiaciuta e perniciosa ignoranza; sono, in buona sostanza, i responsabili della brutta reputazione di certi giochini.
A questi personaggi – ma non solo a loro – in genere si suggerisce di cambiare approccio e fare buon uso di tutto ciò che altrə hanno faticosamente creato. «Vedrai che più studi e più godi», ripetono geek di ogni genere, che del resto abbondano in giri come quello di bondage e BDSM dove la tecnica è importante e può fare la differenza fra una bella esperienza e un viaggio al pronto soccorso.
Hanno ragione, naturalmente. Tuttavia è solo una parte della soluzione. Per risolvere anche gli ultimi disagi e conflitti interiori, la medicina migliore sono proprio le altre persone della tribù, o per lo meno quelle che li hanno già affrontati e sono quindi nella posizione migliore per offrire supporto e buon esempio.
Qualsiasi cultura non è fatta solo di informazioni. Leggere libri quindi è importante, ma lo è altrettanto coltivare una rete sociale che non serva solo a scopare, ma pure a contrastare quel senso di isolamento da cui eravamo partiti. Anche perché, più si interiorizzano i principi della sex positivity, più insopportabili appaiono le violenze della “normalità”, con le sue ipocrisie assurde e una mancanza di rispetto che nessun kinkster si sognerebbe mai di avere.
Meglio allora poter contare sulla comprensione e la complicità di gente simile a noi anche dopo avere finito di giocare, quando ci sarà da affrontare l’insensibilità del resto del mondo – almeno fino a quando non lo convinceremo a volersi un po’ più bene. La ricetta contro la fragilità, in fondo, è tutta qui.
Eccoci quindi arrivati alla frasetta da vecchio saggio di cui parlavo all’inizio: «Per vivere felicemente l’eros insolito trovare la tua tribù è perfino più importante che trovare il tuo partner».
Ve l’avevo detto che era più complicata di quanto sembrasse, no?