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La (mal) educazione sessuale del Web

 Nota – Articolo scritto originariamente per Wired 

No, a differenza di quanto si trova spiegato su innumerevoli siti web, il bukkake non è nato come rito di fertilità nelle cerimonie matrimoniali nell’antico Giappone. A inventarlo è stato il regista Kazuhiko Matsumoto nel 1998, semplicemente per aggirare la legge locale che vieta di mostrare i genitali perfino nei video pornografici. Ma sapete qual è la cosa più strana? Che abbiate capito di cosa stessi parlando.
Già: per ovvi motivi (organizzativi, come minimo) questa strana attività sessuale non viene praticata quasi da nessuno. È un po’ come lo squirting:  la sua diffusione reale riguarda appena il 5% delle donne e pochissimi ne avevano sentito parlare prima dell’anno 2000 – eppure oggi è dato così per scontato che Ruggero de I Timidi può farne addirittura una parodia virale. Che sta succedendo alla nostra educazione sessuale?

La risposta è ovvia. La diffusione di Internet ha rimosso in pochi anni tutte le barriere che per secoli avevano limitato l’accesso alla pornografia. Ancora trent’anni fa per vedere un filmato porno un po’ insolito bisognava essere in una grande città, scovare una delle pochissime videoteche specializzate, trovare il coraggio di entrare e pagare l’equivalente di 120 euro per comprare una VHS da nascondere poi in casa ben lontano da occhi indiscreti. Oggi basta uno smartphone: nessun imbarazzo, costo zero, accesso illimitato e immediato a ogni sorta di genere esotico – compresi appunto squirting e bukkake. Con una tale offerta, non c’è da stupirsi se a furia di curiosare fra i link l’utente medio ne sappia ormai più di tutti i più grandi libertini del passato messi insieme.
Questa rivoluzione ha tuttavia un inquietante effetto collaterale. Poiché il porno online è accessibile a tutti, è infatti inevitabile che sia visto anche dai cosiddetti ‘nativi digitali’ – che in Italia vanno dai ventiduenni in giù. Le statistiche parlano chiaro: il primo incontro con i contenuti erotici della Rete avviene ormai in media all’età di 9 anni, e per l’89% dei teenager costituisce l’unica forma di “educazione sessuale”. L’argomento è così spinoso che i media e le istituzioni fanno a gara a chi ne parli di meno, ma ignorarlo ha il solo effetto di peggiorare una situazione con implicazioni già piuttosto gravi. Ecco perché quando spunta qualche nuovo studio sulla sessualità giovanile è sempre bene prestare molta attenzione.

L’esempio più recente viene da Steve, un progetto online nato in Italia per identificare le tendenze globali della realtà giovanile. Il metodo applicato è semplice: bombardare di domande d’ogni genere un campione di soggetti fra i 17 e i 23 anni sparsi tutto il mondo – in italia ne sono stati selezionati circa 100 – e correlare le risposte che delineano i fenomeni in crescita. Gli autori sono i primi a riconoscere che non si tratti di una popolazione sufficiente per un normale studio statistico, ma dichiarano anche che sia più che adeguata per scoprire i trend emergenti. Dopo essersi occupato di droghe e videogiochi, Steve ha appena affrontato il tema sesso. I risultati hanno identificato alcuni “temi forti” su cui varrebbe la pena di ragionare – soprattutto a livello istituzionale.

  • La pornografia fa parte della quotidianità

Tutti gli intervistati conoscevano almeno un sito porno. L’86% fino a tre, e il 14% più di tre

  • I ragazzi conoscono i termini e le tecniche del sesso estremo, ma non lo praticano (molto)

Il 72% sa per esempio cosa sia il fisting, l’80% il facial e l’88% cos’è una gangbang… ma solo l’8% ha mai sperimentato concretamente queste cose

  • Alcune preferenze sono solo immaginarie

È il caso della bisessualità, che viene dichiarata come vezzo benché quasi nessuno abbia davvero avuto un’esperienza gay

  • La socializzazione virtuale rende difficili gli incontri reali

Se chattare è una seconda natura, dialogare di persona viene vissuto con imbarazzo – tanto che il sesso viene vissuto come un modo per sciogliere il ghiaccio

  • Nell’incontro sessuale i partner imitano i video porno

Questo ultimo aspetto è anche il più importante. Da quando il Web ha reso accessibile il porno anche alle femmine, che tradizionalmente non avevano contatti con il materiale erotico fruito dai maschi, la pornografia viene considerata il modello cui conformarsi da entrambi i sessi. Per esempio: la maggior parte delle ragazze valuta un rapporto “riuscito” solo se il partner eiacula loro sul viso – come avviene comunemente nei video per adulti, dove si tratta però di pura esigenza registica.
In altre parole, in mancanza di una vera educazione alla sessualità che insegni loro anche gli aspetti affettivi ed etici dell’atto sessuale i ragazzi non riescono a comprendere che i video porno sono fiction e non una rappresentazione fedele della realtà. Si tratta di un fenomeno già noto da alcuni anni, che si manifesta a volte in forme preoccupanti: lo dimostra il caso della truccatrice minacciata di morte per avere mostrato alcune pornostar senza make-up, o quello di Make love, not porn, un’organizzazione nata proprio per educare i giovani a vivere la sessualità in maniera più naturale.

La ricerca di Steve rivela che i ragazzi si ritengono una generazione privilegiata grazie alla maggiore conoscenza del sesso permessa loro dalla Rete. Da una parte è vero che l’esposizione a tutte le strane pratiche esibite su Internet ha rimosso completamente i moralismi dall’eros: dopo avere visto video di scat o felching è ben difficile che le proprie pratiche preferite o una naturale esplorazione sessuale siano vissuti come perversione o come problemi. Tuttavia la pornificazione del sesso porta con se anche alcuni guai semantici.
Chi è abituato a skippare i video in cerca dei punti preferiti, per esempio, manca completamente del concetto di eccitazione legata ai preliminari. La fisiologia umana però non ha una funzione di ‘avanti veloce’,  così i tempi di risposta naturali vengono spesso vissuti come un grave problema. Lo stesso vale per l’altro lato della medaglia: qualche anno fa aveva destato scalpore una rilevazione per cui oltre il 30% delle richieste di Viagra venisse da giovani e giovanissimi, le cui partner altrettanto giovani pretendevano le “normali” prestazioni viste da pornostar professioniste aiutate dall’editing video.
Figuriamoci cosa dovremo temere quando si diffonderà davvero la banda ultralarga…

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