I pupazzi hanno una lunga e onorevole storia come portavoce di temi legati alla sessualità, poiché la loro apparente innocenza rende più facile al pubblico ascoltare siaverità inconfutabili che problemi più complicati, avviando così un dialogo maturo sull’argomento. Questa volta tuttavia la situazione è davvero ridicola.
In Israele Sheka & Teka, cioè i tipetti qui sopra, sono dal 2002 le mascotte dell’azienda elettrica nazionale e compaiono in allegre pubblicità e campagne di sicurezza. Sono entrambi maschi, e il fatto che i loro nomi si traducano letteralmente in ‘Presa’ e ‘Spina’ è da sempre tema di battute sulle loro inclinazioni private. Non che sia un gran problema per quel paese, che per ovvie ragioni storiche è molto aperto alle diversità e attivamente contrario a qualsiasi tipo di discriminazione che non sia etnica.
Ciò nonostante l’ultima campagna sulla «nuova generazione di fonti energetiche» ha scatenato un forte dibattito a causa dell’introduzione di un nuovo personaggio che rappresenta l’innovazione. Sheka è diventato padre di un bambino che gli assomiglia molto – ma non viene mai nominata alcuna madre. Gli attivisti gay hanno applaudito la novità come il visibilissimo riconoscimento dei diritti famigliari delle coppie omosessuali, che sono legalmente riconosciute e in certe circostanze possono adottare bambini anche se non con la stessa facilità concessa alle coppie etero. Molti personaggi pubblici hanno chiesto alla compagnia elettrica nazionale di «rinunciare alle ambiguità e ammettere finalmente che i pupazzi siano gay», perché un simile evento mediatico aiuterebbe notevolmente la lotta per una completa eguaglianza sociale.
L’azienda tuttavia continua a non prendere posizione. L’unica dichiarazione ufficiale è stata che si tratti solo di mascotte e che le organizzazioni LGBT le stiano prendendo troppo sul serio. Ciò ha però infiammato la discussione, con accuse di «perpetuare una condizione di tacita vergogna per l’omosessualità» da una parte, e altrettante preoccupazioni di un possibile scandalo da parte del 40% di popolazione conservatrice. In breve, una grossa parte della cultura di accettazione del Paese è nelle mani pelose di due pupazzi, e il loro datore di lavoro è preso fra l’incudine e il martello. Come andrà a finire?