Intervista pubblicata originariamente sul sito Adultsmart
Adultsmart – Ti vorrei ringraziare per averci concesso l’intervista. Sono finito diverse volte sul tuo sito, e una delle cose che preferisco sono i post dei “Momenti inesplicabili nella storia della sessualità”. Quei buchi della serratura sono sempre così gustosamente frustranti! Mi piace anche la sottile ma importante distinzione che fai fra sex blogger ed esploratore seesuale, con tutti i ragionamenti e la ricerca che vi stanno dietro. Allora presentiamoti innanzitutto come Ayzad, studioso ed esploratore del sesso, titolare e curatore di www.ayzad.com, dove esplori fatti insoliti su sesso, sessualità, parafilie e fetish. Hai scritto parecchi libri e articoli. Tieni laboratori e conferenze, e dalla tua base in Italia fai anche personal coaching. È un sacco di roba con cui tenersi occupati! Ho dimenticato qualcosa?
Ayzad – Grazie per l’apprezzamento! La serie dei Momenti inesplicabili è cominciata per scherzo quando trovai online alcune immagini che mi lasciarono perplesso: non mi sarei mai aspettato che raggiungesse queste dimensioni, ma ormai va avanti da più di sei anni e continuo a incocciare settimanalmente su materiale del genere, quindi mi sa che potrebbe proseguire ancora per un po’. Vado pazzo per i modi fantasticamente assurdi con cui la gente distorce il concetto stesso di sessualità… Dopo la risata iniziale, quelle immagini fanno nascere seri interrogativi sulla razza umana e su noi stessi, non trovi?
Per quanto riguarda il mio strano mestiere, potresti aver lasciato fuori la formazione di psicologi, sessuologi e tutori dell’ordine alla consapevolezza sulle sessualità insolite, e l’organizzazione del più grande party BDSM italiano, che si chiama Sadistique.
Partiamo dalle basi. Un tempo eri un giornalista “tradizionale” – com’è che sei passato a occuparti di sesso e sessualità?
La risposta breve è che attorno all’anno 2000 sono stato colpito da una brutta combinazione di clienti insolventi e crisi del settore editoriale, così mi sono preso un anno sabbatico in cui riprendermi dallo stress lavorativo e ho finito con lo sfruttare il tempo per scrivere BDSM – Guida per esploratori dell’erotismo estremo, un libro pensato per raccogliere ciò che avevo imparato sui giochi erotici di dominazione e restituirlo alla comunità dei praticanti. Con sorpresa di tutti, è diventato invece un best seller. Al di là di avere ispirato alcune collaborazioni interessanti nel campo della sessuologia, il risultato è stato ricevere moltissime lettere e messaggi da persone che mi ringraziavano per aver loro aperto gli occhi su come certe preferenze sessuali non fossero malate o “sbagliate”. Molti lettori mi scrivevano che quel libro aveva salvato il loro matrimonio, o li aveva guidati a conoscere il partner dei loro sogni.
A quel punto dovevo fare una scelta. Tornare a un lavoro pagato normalmente per indottrinare le masse a comprare roba, spaventarsi e arrabbiarsi per la paura del giorno, o continuare a dare alla gente il tipo di informazioni che potevano renderla felice della sua vita? Quest’ultima possibilità significava accettare un’instabilità economica, ma qualsiasi essere umano decente non avrebbe avuto alcun dubbio – e avere una compagna di vita molto comprensiva, con un lavoro serissimo che potesse sostenere entrambi se non avessi avuto successo ha reso il salto decisamente meno spaventoso. Quasi vent’anni dopo i messaggi continuano ad arrivare e sono ancora felice della mia decisione.
Hai dichiarato spesso di aver cominciato a esplorare il BDSM a 18 anni. Come sono state le tue esperienze giovanili rispetto ad adesso? Secondo te la comunità è cambiata molto?
Questa è un’ottima domanda su cui in effetti mi ritrovo a ragionare spesso. Sotto molti aspetti, gli anni Novanta (e – ahem – gli Ottanta) erano tempi molto più bui per chi avesse questi gusti. Le informazioni erano scarse e discutibili; molte persone non sapevano affatto come gestire le proprie preferenze erotiche; trovare compagni di gioco era un’impresa, resa oltretutto ancora più dura dalla mancanza di strumenti digitali per entrare in contatto; i giocattoli erano pazzescamente costosi e spesso di qualità bassissima… ma dover superare tutti questi ostacoli voleva anche dire che i pochi che coltivavano sessualità insolite giocavano molto più seriamente. In effetti, mi ricordo che molti di loro mi guardavano storto quando usavo questa parola: per i “vecchi” fare BDSM (anzi, ‘sadomasochismo’, come lo si chiamava allora) si diceva ‘lavorare’ – un’attività decisamente seria che non si poteva equiparare a un passatempo per bambini.
Ho l’impressione che di questi tempi il concetto stesso di scambio erotico di potere sia andato molto lontano, ma nella direzione opposta. Con tutto il bene che ha fatto una cultura dell’eros migliore, oggi si tende a considerare il BDSM solo come un’opportunità fra tante per passare il tempo, allo stesso livello di Netflix o una cena in compagnia. Le emozioni feroci di un tempo sono quasi scomparse, al punto che mi sono dannato per un pezzo su questa mancanza di trascendenza. Inoltre, sempre sia lodata Internet, ma le dinamiche online spesso giocano un ruolo importante nel modo in cui la comunità si tira da sola la zappa sui piedi.
Così, tralasciando il fatto che alla soglia del cinquantesimo compleanno sono giovane – o per lo meno mi ci sento – la questione è come sempre un misto di buone e cattive cose. Spero che questo gran scivolamento fra troppa pomposità e troppa spensieratezza post-50 sfumature alla fine si assesti su una buona posizione di mezzo. Di recente sto forse cominciando a vedere i primi segni di tale fenomeno.
Il sesso è un territorio sconfinato. Ci sono una miriade di differenti esperienze, generi, identità, interazioni. Molte persone tendono a usare etichette come forme di identificazione e identità – tu che ne pensi di queste etichette? Specialmente quando si tratta di BDSM, kink e forme diversificate di espressione sessuale, ritieni che il modo in cui ci si approccia e si usano le etichette sia corretto?
Direi che le etichette – o meglio: ruoli e approcci alla sessualità rigidamente definiti – possano costituire un punto d’inizio utile per chi stia muovendo i primi passi, come punti di riferimento sull’immensa mappa del piacere. Sapere, per esempio, che qualcun altro abbia già elaborato un’attrazione per le dinamiche di animaletto/proprietario in qualcosa di strutturato che molti si sono accordati di chiamare ‘pet play’, con tutti i suoi riti e nozioni specialistiche, ti permette di evitare una serie di trappole e vicoli ciechi nel caso tu senta di avere inclinazioni simili. La parte brutta di tale compartimentalizzazione dell’eros estremo arriva quando ti dimentichi involontariamente della tua individualità e caschi nel farti assimilare in una determinata visione preconfezionata. Dopotutto siamo tutti diversi e in evoluzione, che è poi la ragione per cui tengo tanto al concetto di “esploratori sessuali”.
Inoltre ormai ho visto diverse volte emergere vere e proprie mode ispirate letteralmente da etichette. La più recente è stata probabilmente quando Fetlife ha aggiunto ‘primal’ ai possibili descrittori di profilo, e un fracco di persone vi si sono identificate senza manco avere un’idea chiara di cosa volesse dire quella parola. Pochi anni prima è successa la stessa cosa con ‘brat’, e prima ancora con tutta la sottocultura del ‘daddy/little girl’. E non fatemi parlare dei furry. Capiamoci: non ho nulla contro il provare un nuovo approccio per vedere se ci piace; assumere un ruolo strettamente definito solo perché lo stanno già facendo tutti i tuoi “amici” online invece non mi pare tanto maturo, no? Oh, aspetta… Sto interpretando il ruolo del vecchio saggio brontolone…
In tutta questa varietà di sessi, espressioni e identità, personalmente cosa trovi più affascinante nel sesso insolito?
Questa è facile. È la perenne ricerca di onestà e autenticità. Già la sola contemplazione di sessualità insolite ti apre la mente a sconfinate possibilità – e ti costringe molto simpaticamente ad affrontare le tue stesse sfaccettature più represse, le paure, i desideri e il senso di identità. Con le buone o con le cattive, l’eros insolito stimola il pensiero critico e il mettersi in discussione – che è un’ottima strada per crescere come persone.
Ah, e poi adoro anche come le cose sessuali di solito non riguardino affatto il sesso, così quando ti metti a studiarle finisci con lo scoprire un sacco di fatti interessanti sul mondo in generale.
Dicci qualcosa che pochi sanno di te, che ti va di condividere con noi oggi?
Ehm… che colleziono giocattoli di robot giapponesi anni ’80? Che sono membro del Mensa? Boh, non saprei davvero dire niente di particolarmente significativo che non possiate già trovare nei miei post su www.ayzad.com.
Noi abitiamo in Australia. Con una popolazione più piccola (e concentrata) di quella nordamericana, europea e perfino dell’Italia. Spesso può risultare difficile trovare persone con interessi simili, con cui ci si possa trovare e partecipare a feste ed eventi. Tu sei coinvolto in Sadistique – ce ne parli un po’?
Sadistique è un party BDSM che organizzo a Milano fin dal 2005, e il seguito spirituale di un’impresa precedente chiamata Revolution. Il fatto è che erano anni che con i miei amici kinky ci si lamentava della mancanza di eventi come si deve in Italia: finiva che ci ritrovavamo alle feste di tutta Europa, e ci pareva assurdo dover viaggiare all’estero per trovare quegli ambienti. Così, visto che nessun altro sembrava aver voglia di metter su qualcosa del genere nel nostro Paese, ce lo siamo fatti da soli. È cominciata come una cosa molto piccola, ha avuto i suoi alti e bassi, e alla fine i pervertiti italiani l’hanno confermata come una sorta di istituzione.
In aggiunta a uno spazio di gioco spettacolare in stile grossomodo steampunk, ogni mese offre un diverso workshop su vari aspetti del BDSM, una mostra d’arte erotica a tema e un set fotografico professionale. In più di tanto in tanto ospitiamo performance interessanti, presentazioni di libri o esposizioni dei lavori di artigiani specializzati. Dovreste passare a trovarci, se vi capita di venire a Milano!
C’è un panorama da perderci la testa di feticismi, interessi sessuali ed erotici che vanno dallo standard allo strano fino al confine con l’assurdo – quando si ha difficoltà a trovare contatti in sintonia col proprio kink, cosa suggerisci di fare per trovare soddisfazione?
Il mio consiglio più frequente è di smettere di cercare e farsi semmai trovare. Ricordate l’aforisma di Kennedy su «Non chiedetevi cosa possa fare il vostro Stato per voi…»? Le sessualità insolite soffrono dello stesso equivoco: la comunità kinky in effetti può fare tantissimo per tutti, ma si suppone che al tempo stesso la serviate pure voi, fosse anche solo partecipandovi in modo costruttivo. La maggior parte degli appassionati sfortunatamente si comporta come vampiri che pretendono che vengano soddisfatti i loro bisogni senza dare nulla in cambio, benché ci siano infinite opportunità di contribuire a migliorare la scena – e mettersi in risalto nel farlo, attraendo così un sacco di potenziali partner.
Tu sei italiano e hai viaggiato sia fisicamente che tramite le tue ricerche. Pensi che il modo in cui ci si rapporta a feticci e feticismi dipenda da dove si abita? La cultura influenza i nostri desideri carnali/erotici, o siamo semplicemente tutti degli esseri kinky e perversi?
Un po’ di influenza geografica l’ho rilevata, ma credo si tratti più che altro di una funzione delle diverse culture locali. Un esempio estremo può essere l’interpretazione cinese del BDSM, ma naturalmente stereotipi e generalizzazioni non aiutano alcuna analisi seria. Internet sta in un certo qual modo appiattendo queste differenze, comunque.
In ogni caso c’è una caratteristica buffa che è rimasta costante in tutte le epoche: qualunque luogo e anno si scelga, potete stare sicuri che le persone del posto fossero convintissime che in un altro Paese lontano la gente stesse facendo molto più sesso e coltivando pratiche meravigliose ed esotiche. Non sottovalutate mai il potere delle fantasie di rivincita!
Qual è il piatto con cui ti coccoli?
Sapete che, per mantenere la cittadinanza, noi italiani abbiamo l’obbligo contrattuale di parlare di cibo almeno sei ore al giorno – pertanto mettetevi comodi e grazie per la domanda! No, scherzi a parte: se c’è l’occasione posso diventare un discreto fissato di cucina, ma è un campo che vivo con parecchio relax. Che è un modo per dire che potrei elencare centinaia di risposte, per cui non andrò oltre un diplomatico «qualsiasi cosa sia preparata con tanto amore».
Se potessi cambiare solo una cosa del modo in cui la gente si rapporta al sesso, quale sarebbe?
Oh. Questa è difficile davvero. Mi sa che sarebbe il cancellare quel sottinteso che il sesso sia un onere ingombrante, per scambiarlo con la concezione di una opportunità sconfinata di trovare divertimento, piacere e crescita. Che poi è il principio alla base del Manifesto degli esploratori sessuali, no?
Fai workshop, seminari ed eventi educativi. In questi contesti quale è una cosa che spunta spesso tuo malgrado, o di cui non si discute abbastanza?
Le opportunità di educazione sono ambienti privilegiati, dove i partecipanti arrivano con una bella mentalità, insolitamente aperta. Il peggio che ho visto in quell’ambito è una punta di superiorità nei confronti di ciò che non rientra nella propria visione personale della sessualità, specie se si tratta di contesti più mainstream. Io mi impegno a trasmettere il concetto di «i tuoi gusti non sono i miei, ma va bene così», come si dice, però non è sempre facilissimo – non dimentichiamoci che sotto molti punti di vista l’Italia resta una provincia del Vaticano.
Quando metto quel cappello, il grosso dei veri problemi in cui mi sono imbattuto finora è arrivato prima ancora che gli eventi iniziassero. Sul mio sito c’è il lungo ma esilarante resoconto dell’ordalia durata un anno che m’è toccato subire quando i media e un paio di politicanti si sono coalizzati ad attaccarmi per… avere accettato l’invito a parlare in una importante università. Il livello di manipolazione politica è stato sconcertante – ma si è anche trattato di un’eccezione, non della norma.
D’altro canto, la cosa mancante che mi infastidisce da morire è la consapevolezza del bisogno disperato di inserire un’educazione completa alla sessualità nel piano scolastico, fin dai primissimi anni. Il caso di studio pluridecennale dei Paesi Bassi dimostra che un approccio simile porti enormi benefici tanto agli individui quanto all’intera società, eppure sembra che tutti preferiscano orrori alla #MeToo all’imbarazzo (del tutto immaginario) di ammettere che la sessualità faccia parte della vita, e di spiegarla ai bambini. E non sto parlando di insegnare come funzioni la riproduzione, ma di affrontare anche tutto ciò che la circonda concentrandosi in particolare su rispetto, consenso, diversità, sentimenti e così via.
Ti occupi di personal coaching. In cosa consiste per te e per i clienti?
Il modo in cui intendo il personal coaching consiste nell’aiutare le persone a identificare i problemi connessi alle sessualità insolite e a pianificare insieme a loro una strategia per superarli e risolverli nel modo più efficace. Il punto spesso sta nel trovare qualche informazione loro mancante, ma che nel corso della mia esplorazione trentennale ho già incontrato e posso quindi mettere a disposizione del cliente. All’atto pratico si tratta di una serie di chiacchierate faccia a faccia o via Skype, per cui non c’è niente di sconcio, se era quel che intendevate. Direi che il personal coaching si trovi a metà strada fra una chiacchierata fra amici e una sessione con un terapeuta.
Fai il tuo mestiere da più di 15 anni. Cos’è che ti fa andare avanti, e qual è la parte migliore di ciò che fai?
Da una parte a spingermi è la curiosità: continuo a imparare cose nuove tutti i giorni, e trovo inestimabile questo tipo di stimolo intellettuale. Mentirei se non ammettessi che tanto divertimento abbia un prezzo economico e sociale, quindi è naturale che ci siano momenti in cui penso che avrei fatto meglio a dedicarmi a cose più concrete, tipo vendere bulloni. Però di solito un attimo dopo quei momenti qualcuno mi contatta per ringraziarmi di come il mio lavoro gli abbia migliorato la vita, e ciò rende ogni sforzo più che giustificato.
Qualche ultima aggiunta che vorresti condividere?
Posso solo ringraziarvi dell’opportunità di aver fatto questa chiacchierata. È stato divertente e spero che sia piaciuta anche ai vostri lettori. Sapete dove trovarmi, quindi restiamo in contatto, ok?
Vorremmo continuare tutto il giorno a farti domande: abbiamo trovato assolutamente affasciananti le tue precedenti interviste, i libri e l’immensa quantità di lavoro che hai messo nel tuo sito. Vorremmo ringraziarti per ciò che fai, per avere acceso un riflettore su ciò che tante persone trovano strano e bizzarro, e per come presenti il tuo lavoro con umorismo, grazia e precisione. Intervistarti è stato un grande piacere e non vediamo l’ora di vedere cosa produrrai in futuro.
Beh, grazie ancora! Interagire con fan tanto appassionati è delizioso e – al di là dei normali post settimanali – posso rivelare che “in futuro” uscirà un intero libro sull’educazione alla sessualità, ma si tratta di un argomento talmente vasto e complicato che la scrittura sta procedendo lentamente e ci vorrà ancora un bel pezzo.