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Addio al Re

 

Ieri sono rimasto molto turbato da una e-mail inattesa, che comunicava la morte di un amico. Potreste averlo conosciuto come “Re Franco”, lo pseudonimo con cui per oltre trent’anni ha firmato articoli insoliti e affascinanti sulla cultura dell’eros estremo; molti altri lo hanno certamente incontrato nei panni di “Divina creatura”, il personaggio particolarissimo con cui amava partecipare alle feste BDSM. Pochissimi sapevano invece che da giovane fosse comparso come modello in fotografie erotiche esposte nelle gallerie di tutto il mondo, o della sua attività di accademico di fama globale.
Franco era una figura di tale impatto che – con il suo permesso, naturalmente – compare nel mio romanzo Peccati originali quasi del tutto inalterato rispetto alla realtà, unico personaggio nel libro a non avere avuto bisogno di aggiustamenti letterari. Ecco come appare in una scena ambientata a un party:

 […] Seduto a gambe accavallate su un cubo da discoteca, il Professore stava tenendo una lezione privata a una giovane coppia in ascolto rapito, con gli occhi spalancati per l’emozione. Solo gli amici più intimi avrebbero potuto però riconoscere l’anziano docente universitario: il suo personaggio alle feste era quello di una creatura androgina, senza volto e senza età. Il viso era nascosto da un cappello a tesa larga che formava un tutt’uno con la mascherina di raso nero sugli occhi; questa proseguiva a sua volta in una sorta di veletta opaca e scendeva coprendolo sino al collo, dove incontrava giacca e camicia da smoking con tanto di garofano all’occhiello. Venivano poi una fusciacca in vita e un sorprendente perizoma scuro indossato su collant lucidi e coprenti. Ai piedi, décolleté di Jimmy Choo in tinta con i guanti ora deposti sul cubo insieme a un frustino col manico in argento monogrammato […]

Le sue varie identità erano accomunate da una filosofia di vita: interrogarsi e studiare intellettualmente tutto ciò che lo incuriosisse, senza però mai dimenticare la fisicità delle passioni. Questo principio l’ha guidato fino all’ultimo, anche nel rifiuto di conformarsi alla convenzione sociale per cui gli anziani non dovrebbero continuare a esplorare e vivere con gioia la sessualità. 
Un simile rifiuto della banalità gli aveva fatto guadagnare nel tempo legioni di fan, anche in ambienti impensabili. Ricordo la sua soddisfazione quando per esempio gli segnalai un’intervista in cui veniva citato fra i propri idoli da… Pietro Taricone, il “grezzone” star indiscussa della prima edizione del Grande fratello.

 
Nonostante il successo, Franco negli ultimi anni si era ritirato a vita privata. Colpa non dell’età, ma di un ictus che aveva lasciato come unico postumo un leggero difetto di pronuncia – che lui però viveva come un terribile handicap per la seduzione anche verbale che amava esercitare. Naturalmente continuava però a studiare l’eros, e mi ritengo onorato di essere stato una delle poche persone con cui ancora discuteva di questo tema. Insieme discettavamo del ruolo della sessualità nella società e nella storia, di libri e di molti altri temi per cui è difficile trovare interlocutori preparati.

 

Uno dei suoi temi ricorrenti era inoltre la comprensibile delusione per il trattamento riservatogli dalla cosiddetta “comunità BDSM”. Dopo decenni di sforzi (di solito non pagati) per divulgare e far progredire la cultura dell’erotismo, aveva infatti dovuto constatare il disinteresse del pubblico verso qualsiasi stimolo intellettuale più complesso di una fotografia porno. Peggio ancora, recentemente a rifiutargli supporto per i nuovi progetti che avrebbe voluto avviare erano state proprio le persone al cui fianco aveva lavorato e che aveva ritenuto amiche. La sua esperienza e il suo carisma venivano visti come una minaccia alla presunta autorevolezza di altri piccoli guru dell’ambiente.
Alla fine avevamo deciso così di collaborare noi due, da outsider, a un grande lavoro che avrebbe messo a disposizione di tutti le inestimabili conoscenze che aveva accumulato in una vita di studio delle sessualità alternative; avremmo dovuto cominciare proprio in queste settimane. Sfortunatamente il progetto era troppo embrionale perché lo possa portare avanti da solo, quindi andrà archiviato nel cassetto delle occasioni mancate.
Restano i ricordi di un amico e una persona eccezionale. Uno lo posso condividere con voi: la breve presentazione che aveva scritto della sua maschera più amata per il mio libro BDSM – Guida per esploratori dell’erotismo estremo, ormai dieci anni fa. Poche parole, da cui spero possiate intuire la profondità di una mente indimenticabile.

 

La mia Divina Creatura

di Re Franco

‘Divina Creatura’ è un particolare tipo di travestito dominante che ha caratterizzato parte del mio immaginario e della mia vita erotica fin da ragazzo. A battezzarla così sono stato io, ma al di là degli aspetti personali presenta tratti abbastanza ricorrenti nelle fantasie di tanti, anche se diversi dagli archetipi più noti.

La Divina Creatura infatti non si configura come una femmina imprigionata in un corpo di sesso opposto, e non è neppure l’androgino che sintetizza in sé l’essenza psicofisica maschile e muliebre. Si tratta piuttosto di una sorta di ermafrodito nel senso etimologico del termine: cioè un essere che armonizza (tenendole però sempre ben distinte) caratteristiche di Ermes-Marte e di Afrodite-Venere, vale a dire qualche aspetto saliente della potenza virile con altri elementi tipici del fascino femminile. Il travestimento è dunque un rito di iniziazione. Il trucco, o meglio la “maschera”, non serve certo per camuffare l’aspetto esteriore e l’identità, bensì per accedere dalla vita quotidiana a un universo parallelo del tutto eccezionale sebbene non meno reale: quello del Gioco.

La Divina Creatura trova la propria essenza nella seducente ambiguità del suo stile bizzarro ma elegante, privo di grossolanità, di eclatanti eccessi, poiché il suo dominio si basa proprio su una superiorità estetica, non certo fisica: un magnetismo fatto di raffinatezza, signorilità, classe. Elemento centrale è naturalmente uno spiccatissimo esibizionismo: da esso deriva anche una percezione emotiva della nudità del tutto opposta a quella tradizionale, in cui l’inferiore deve rimanere spogliato davanti al Dominante. Se infatti nella tradizione giudaico-cristiana nudità equivale a peccato, e provoca disagio, vergogna e senso di indifesa fragilità, la Divina Creatura vive in una dimensione dove molti soffrono per il privilegio di pochi, e dove nudità equivale a sfrontata arroganza, a superiorità rispetto al comune senso del pudore cui è sottoposta la massa. Perciò chi sta ai piedi di un personaggio così esibizionista deve indossare i più modesti panni servili.

Naturalmente è necessario che l’inferiore abbia una certa apertura verso prospettive bisessuali. Quanto alla Divina Creatura, in realtà non le interessano affatto sesso, età o caratteristiche fisiche del servitore – almeno non più di quanto a un’amazzone interessi sesso ed età del cavallo che monta. Questo non vieta un rapporto di reciproca sensibilità: anzi, il minimo calo di tensione nel soggiogato determina immediatamente nel soggiogante una parallela discesa del trasporto emotivo. Una così stretta sintonia con il dominato è spiegabile pure col fatto che la Divina Creatura vive lo stesso rapporto che intercorre fra Narciso e la propria immagine: essa si proietta in chi le sta ai piedi, quasi fosse proprio lei la prima adoratrice della propria persona. Perciò nei suoi comportamenti è rigorosissima con se stessa prima ancora che con gli inferiori, che educa alla massima abnegazione ma nel contempo alla massima compostezza. Persino il suo godimento avviene quasi senza manifestazioni esteriormente percepibili: tuttavia questa apparente imperturbabilità dà adito a un’esplosione tanto più intensa quanto più trattenuta al di dentro. Tale condotta quindi all’occhio di un eventuale spettatore può apparire algida, scostante, ma all’interno è sempre caldissima.

Passando agli aspetti operativi, la Divina Creatura non ama mai pratiche asettiche, prive di fisicità. Al contrario, vive i suoi incontri erotici in un quasi continuo contatto corporeo e in una perenne eccitazione che, da uno stato di soffuso benessere, progredisce pian piano sino all’esplosione orgasmica. L’estasi però non segna mai una drastica caduta del desiderio, perché essa è in grado di ricavare varie e colorate emozioni da tutta se stessa traendo piacere da ogni stato del suo membro virile, aspetto fisiologico del tutto particolare che la pone in grado di prolungare gli incontri erotici.

L’ebbrezza e l’esaltazione in lei derivano dalla venerazione prestata dagli schiavi a ogni parte del corpo, che dovranno sottoporsi ai più faticosi, dolorosi e umilianti servigi per il benessere, la comodità o il semplice capriccio della loro Divinità. Il servo, affascinato fino ad essere reso un automa, viene di preferenza usato come utensile: poggiapiedi, posacenere, zerbino, sedia, appendiabiti, vassoio, candeliere, toilette, cavalcatura, bidet, ecc. Quanto alla soddisfazione sessuale, essa avviene servendosi sempre ed esclusivamente della bocca o meglio della gola del sottoposto, pure quando esso è di sesso femminile: mai penetrazioni anali e neppure vaginali. Le vibrazioni della vittima inerme – magari per l’occasione accentuate da qualche secca nerbata o altre supplementari vessazioni – aumentano l’intensità dell’orgasmo della Divina Creatura. Ogni pratica improntata a violenza rude, muscolare o peggio sanguinaria è esclusa. L’atmosfera – sia negli incontri a due sia in quelli collettivi – deve essere comunque piacevole, affabile, priva di sgangherati schiamazzi o litigiose competizioni. Il comportamento si deve mantenere sempre cordiale, gentile senza affettazione, improntato a una naturale classe. Perciò niente urla, sputi, gesti osceni o violenti: tutto ciò non è sconveniente in assoluto, ma fa parte di altri “universi paralleli”, di giochi diversi e incompatibili con il carattere della Divina Creatura, giochi che essa in ogni caso non si permetterebbe mai di giudicare – a patto ovviamente che siano consensuali, ma che le sono estranei.

Uno dei giochi più eccitanti è imporre a un unico schiavo il maggior numero possibile di servigi insieme, aumentando con lenta e sottile perfidia il carico delle prestazioni. Un altro gioco eccitante è sottoporre la maggiore quantità di servi contemporaneamente a varie vessazioni: si possono architettare figure collettive assai complesse, piacevolissime per il Dominante e quanto mai pesanti per ciascuno dei sottoposti. Lo schiavo comunque deve essere sempre all’altezza di quanto gli viene imposto, sapendo passare dai servigi più lievi ai più gravosi in un istante, a un minimo schiocco delle dita e senza battere ciglio, come un perfetto maggiordomo inglese.

Questi sono gli elementi fondamentali della Divina Creatura, declinabili poi in mille diversi modi a seconda dei gusti dei singoli individui, a seconda del fatto che uno “ci sia” o “ci faccia” – il che non significa essere fasulli, ma piuttosto cominciare a sperimentare cose nuove. Tra la prima e la seconda ipotesi intercorrono poi infinite vie di mezzo che – se esistono validi presupposti e motivazioni autentiche – sono comunque interessanti.

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